Kaliningrad 2010 (viaggio 1)

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Con il crescente allargamento della Comunità Europea, con l’incremento dei voli low cost, con il diffondersi sempre più frenetico di internet, l’interno dei confini europei è, oramai, totalmente conosciuto al grande pubblico. Quasi totalmente. Infatti, nell’immaginario collettivo dei pregiudizi, resistono ancora un paio di località. Una di queste è l’oblast di Kaliningrad, exclave russa nell’Europa centrale.
Fin dalla dissoluzione dell’Unione Sovietica e dalla costituzione ufficiale dell’exclave, decine di voci diffamatorie ed intrise di pregiudizi si sono concentrate sulla città di Kaliningrad e sull’intero oblast. Secondo i benpensanti, Kaliningrad era ed è il centro di traffici illeciti, il mercato del plutonio, il negozio di armi, il concessionario di carri armati, il ghetto per affetti di sieropositività, la zona a più alta densità di pericolosità e delinquenza dell’intera Russia e dell’Europa centro orientale.
Tutte queste, considerazioni, senza essere mai state davvero verificate.
Per il sottoscritto, l’oblast di Kaliningrad, invece, era l’ultimo lembo di terra facente parte dell’ex Patto di Varsavia a non essere stato ancora visitato. L’occasione giusta per farlo, mi viene concessa quando il vecchio confessore Dimitri, calabrese di nascita ma russo di nome, già viaggiatore interrail di lungo corso, decide che Kaliningrad sarà il suo ultimo viaggio prima di passare a peggior vita: sposarsi.
Vuole provare un’emozione forte e quale altro posto in Europa può assecondare i suoi desideri se non la tanto decantata Kaliningrad?
L’idea gli balena circa cinque mesi prima della data prescelta per la spedizione e pretende vi partecipino tutti i suoi amici più stretti.
Nel suo ruolo di magnate, affida al sottoscritto l’incarico di organizzare l’evento e mi assolda gratis come guida del gruppo. Gruppo composto da illustri Notabili calabresi ma da estrazioni più disparate: chi non ha mai viaggiato, chi viaggia con canoni superiori, chi non ha mai messo piede ad oriente, chi ha viaggiato ma mai in posti così “estremi” a parer loro.
Il lavoro di assemblaggio dei vari partecipanti e del loro pascolo sul campo sarà dura per il sottoscritto ma accetto l’offerta con grande entusiasmo ponendo due condizioni:
– sfondare la frontiera via terra;
– carta bianca totale sull’organizzazione.
Il Magnate concede tutte le mie richieste ma il suo incedere è pressante e spesso condizionato dal resto del gruppone che accampa desideri da star dello spettacolo, con richieste del tipo: fiori freschi in camera d’albergo tutte le mattine; asciugacapelli al piano; facchino portabagagli; tassisti privati, camere singole con letti matrimoniali, idromassaggio, colazione al letto, Gazzetta dello Sport quotidiana; lustrascarpe turco personale, eventuali contatti locali con professionisti di lor pari livello.
A poche ore dalla partenza, rimetto il mio mandato nelle mani dell’Armatore.
I Notabili calabresi, in video conferenza, diniegano le mie dimissioni e si allineano su alcune posizioni.

MERCOLEDI 24 FEBBRAIO 2010:
Nel pomeriggio, da Roma verso Gdańsk, salpano l’Ingegnere ed il Sottosegretario alla Giustizia Messner.
Nelle stesse ore, con l’utilitaria del sottoscritto, per non sciupare le BMW dei Notabili, da Firenze irrompono in autostrada verso Orio al Serio, il sottoscritto geometra Calboni, il Magnate, l’Assicuratore ed il vecchio Uv, compagno di lungo corso ed Avvocato rampante.
In auto, come preparazione, si ascolta esclusivamente musica composta da hit russe.
I Notabili non gradiscono e se ne pentiranno amaramente una volta a Kaliningrad.
Giunti in aeroporto, l’amara sorpresa.
Il Magnate dispone le mappe su un tavolaccio di un bar ed illustra all’Assicuratore e all’Avvocato Uv dove ci stiamo recando esattamente.
Protestavano con richieste da star e non sapevano neanche dove sarebbero andati…
Il volo per Gdańsk scorre via senza sussulti ed atterriamo dolcemente sulla pista innevata intorno la mezzanotte.
Fuoriuscito sulla scaletta dell’aereo, una grossa emozione mi pervade. Freddo, neve e aria di Polonia. “Finalmente a casa!”, esclamo e bacio per terra, come ogni volta accade sistematicamente quando metto piede in Europa centro orientale.
Vista l’ora tarda, optiamo per un veloce taxi che contatto in lingua originale ed imbastendo uno pseudo discorso col tassista durante il tragitto.
Il mio ruolo di guida mi impone anche di comunicare con le Istituzioni locali e tradurre il polacco ed il russo dal / al calabrese.
Durante il tragitto, le luci della sera mescolate alla foschia ed al bianco della neve, rendono l’atmosfera rarefatta.
Giungiamo nella nostra accomodazione, già prenotata precedentemente, e prendiamo possesso della nostra dimora.
Alloggiai in questo stesso posto esattamente quattro anni fa, durante il mio passaggio in queste zone e che fu il luogo di una tremenda tragedia personale che ancora oggi è rimembrata dal sottoscritto come una delle più brutte pagine delle storie dei miei viaggi. La Cappa negativa volle fermarmi a soli tre gradini dal successo.
Mi raccolgo in commemorazione, deponendo un fiore e molte lacrime sul gradino più famoso di Polonia.
Dell’Ingegnere e del Sottosegretario Messner, nel frattempo, nessuna traccia. Secondo il sottoscritto sono nel pieno della nightlife di Danzica, secondo il Magnate sono sotto le rispettive coperte a sognare i Tropici.
Senza nemmeno pettinarci, comunque, opto per una passeggiata notturna nel centro cittadino.
Come facciamo ad andare a dormire con Danzica che ci aspetta?
I Notabili acconsentono alle mie supposizioni e ci buttiamo in una città quasi completamente deserta ed altamente imbiancata.
Rivedo uno dei più caratteristici centri storici d’Europa. I Notabili ne convengono. Ne convengono un pò meno quando vorrei provare a trapanare il pack formatosi sopra la Stara Motława, il fiume su cui sorge la città, per bagnarmi le mani come rito propiziatorio.
Inizia a nevicare in maniera sempre più copiosa. Il silenzio totale è rotto solo dall’affondo dei nostri passi nella soffice neve che si deposita sullo strato preesistente. I Notabili in breve insorgono e si ammutinano per rientrare nella nostra comoda accomodazione, considerata l’ora tarda e la sveglia fissata prima del canto del gallo per l’indomani. Io opto per un prosieguo della passeggiata in solitaria sotto la neve. Resta tutto, però, nelle mie intenzioni e riparo con i Nobiluomini nel soffice letto.

GIOVEDI 25 FEBBRAIO 2010:
Il gallo non ha ancora cantato e noi siamo già in piedi.
Oggi è il grande giorno.
Per il Magnate, si compie un sogno illusorio durato anni, per il sottoscritto, sfondare a Kaliningrad, significa invece, coprire l’intero territorio europeo del Patto di Varsavia. Il coronamento di un sogno appunto.
Nella reception dell’accomodazione, si fanno vivi, finalmente, anche l’Ingegnere ed il Sottosegretario alla Giustizia Messner, l’unico straniero della spedizione in quanto siciliano. Il suo nome non deriva da origini alto atesine ma, bensì, da origini eschimesi che si denotano tutte dal classico abbigliamento che ne tradisce l’origine.
Alla Fantozzi, per mezzo di due taxi, visto il numero dei partecipanti veniamo condotti alla PKS, la stazione degli autobus di Gdańsk.
Secondo i miei studi, alle 7:00 puntuali dovrebbe salpare un pullman diretto per Kaliningrad.
Troviamo la piattaforma di partenza ed attendiamo il suo arrivo al freddo del mattino baltico. I minuti scorrono e le rimostranze del Sottosegretario Messner e compagni si fanno più insistenti. In effetti, il dubbio assale anche me ed il Magnate così da recarci a chiedere informazioni più precise. Dall’ottimo polacco della bigliettara, riusciamo ad intuire che il pullman per Kaliningrad è soppresso dal 1 febbraio…
La bigliettara si innervosisce, è anche scritto su un manifestino appeso in bacheca, come facciamo a non capirlo…
Senza perderci d’animo, si conduce il gruppo nell’attigua stazione ferroviaria e si stabilisce di prendere il treno diretto, in partenza alle 8:30.
La bigliettara ci respinge. Il treno diretto per Kaliningrad è soppresso anch’esso.
Che si fa a questo punto?
L’unica soluzione è quella preventivata come piano C tra me ed il Magnate prima della partenza: sfondare a piedi con ogni mezzo necessario.
Lo sgomento assale i Notabili.
Il Sottosegretario alla Giustizia Messner accusa un principio di svenimento e abdica per restare l’intera vacanza a Gdańsk, se proprio non è possibile far rientro in Italia.
Il Magnate, Padrone della spedizione, è comunque deciso a tutte le condizioni a sfondare a Kaliningrad, suo miraggio.
Il resto dei Notabili, prima di incamminarsi, vorrebbero quantomeno informarsi su di un comodo aereo che li conduca oltre confine.
Io, essendo ovvio che avrei sfondato a piedi comunque, anche in solitaria, attendo l’esito del Verbale del Consiglio dei Notabili.
Il Magnate riesce ad imporsi, in fondo è lui che comanda. E gli altri lo devono solo ringraziare per esser stati prescelti.
E’ deciso.
Ci muoveremo tappa per tappa verso la nostra destinazione, affrontando le difficoltà caso per caso.
Acquistiamo sei biglietti del treno per Elbląg e muoviamo in direzione est. Il treno è affollato e siamo costretti a dividerci. Il paesaggio invernale, fuori dal finestrino spazia dalla periferia cittadina, alla campagna, al castello di Malbork. Giunti ad Elbląg, ed appurato ancora una volta l’inesistenza di treni diretti, ci dirigiamo verso la dirimpettaia stazione dei bus, per cercare un appiglio per raggiungere Kaliningrad.
Anche qui lo stesso discorso. Pullman diretti soppressi. Poco male. Prenderemo un bus per Braniewo, l’ultimo ma non l’ultimissimo avamposto polacco prima del confine.
Attendiamo circa mezz’ora il nostro bus, tra lamentele e tentativi di rendere instabile l’ambiente da parte di alcuni Notabili.
Io ed il Magnate siamo decisi a raggiungere Kaliningrad e le discussioni addotte dal Sottosegretario Messner non ci scalfiscono.
Il moderno pullman ci scorazza per circa un’ora attraverso la campagna prima ed i boschi poi, completamente innevati. La strada è semideserta e l’aria è scalfita esclusivamente dal nostro passaggio. I Notabili sono nervosi e scherzano animosamente per mascherare i loro dubbi. Non conoscono dove e quello che, eventualmente, gli potrà accadere. Per loro è quasi un viaggio verso l’ignoto, visto che non hanno mai compiuto un’azione del genere. Transitiamo da Frombork un caratteristico paesino, dotato di un porto, e famoso per esser stato la dimora di Copernico per anni. La cattedrale, i monumenti a Copernico stesso ed all’Armata Rossa che si intravedono dal finestrino mi fanno venir voglia di fermarmi giusto il tempo di una visita ma il nostro pullman tira diritto imperterrito.
Veniamo scaricati davanti la stazione ferroviaria di Braniewo.
Non c’è molto movimento di persone e bisogna decidere come proseguire il nostro viaggio.
I Notabili si dirigono verso i cessi, io in perlustrazione nella piccola stazione forse chiusa da anni. Al suo interno un unico senzatetto dimora sdraiato su di una panchina emanando una tanfa clamorosa per tutto l’ambiente. Fuoriesco sui binari completamente sommersi dalla neve ed esploro visivamente. Noto addirittura un manifestino che annuncia la soppressione dei treni per Kaliningrad. Ritorno sul piazzale e… la polizia polacca ha braccato i Notabili.
Si sono fatti notare nella casupola dei cessi con il loro chiaro idioma straniero. Mi costituisco anche io per cercare di addivenire ad una soluzione.
I poliziotti ci chiedono lumi sul nostro essere lì e dopo averci controllato i documenti ci lasciano liberi e benedicono il nostro tentativo di sfondare in Russia. Su mio indirizzo politico, il Magnate affitta un tassista passante di lì davvero per caso. Ci condurrà in due viaggi a Gronowo, il villaggio in cui è ubicata la frontiera polacco – russa.
Ci accordiamo per farci lasciare direttamente in frontiera, invece che nel piccolissimo centro abitato.
Dieci minuti di auto separano Braniewo dal confine vero e proprio.
Col Magnate conveniamo che del primo equipaggio farò parte io , per preparare il campo, visto il mio ruolo di guida, mentre egli attenderà il tassista col secondo equipaggio per tenerlo a bada.
Il tassista ci scarica davanti ad un paio di containers di cui uno funge da bar ristoro per viandanti e torna indietro a prendere gli altri.
L’esperienza mi fa intuire al volo la situazione in cui ci veniamo a trovare. Per evitare malumori ulteriori, evito di esprimere le mie supposizioni all’Avvocato Uv ed all’Assicuratore, lì con me.
La situazione è chiara. La frontiera non si sfonda a piedi, come quella tra Polonia ed Ukraijna che sfondai anni fa. L’unico modo possibile per sfondare e a bordo di un mezzo.
Col mio polacco – russo – serbo mescolato mi faccio confermare le mie teorie da un vecchio nullafacente che mi consiglia di chiedere un passaggio a qualche viandante che attraversa la frontiera. L’avevo pensato ma il problema è che noi siamo in sei.
Scatto alcune foto della zona ed attendiamo il resto del gruppo.
Comunico subito le novità di campo al Magnate che è fortemente deciso a sfondare comunque. Il suo obiettivo è Kaliningrad. I Notabili sono rassegnati e si limitano ad inveire. Non è lo stesso per il Sottosegretario alla Giustizia Messner che vuole rientrare a Gdańsk al più presto e disturba di continuo il briefing organizzativo accampato tra me ed il Magnate.
Un altro vecchio nullafacente, intuita la situazione, si offre, in cambio di una mancia, di farci guadare la frontiera con la sua auto. Ma non tutti. Bisogna cercare un’altra auto.
Come tre prostitute, io, il vecchio ed il Magnate sostiamo sul ciglio della strada a sperare in un buon samaritano. I passaggi di mezzi sono rarissimi, in fondo non è una frontiera battuta questa. Il Sottosegretario Messner rincara la dose di rimostranze.
Dopo alcuni tentativi, ci viene in soccorso Alberto Stasi di Gronowo, vista la grande somiglianza che accetta anch’esso come il vecchio, le nostre avances. Come è prassi, ci separiamo in due gruppi ed affrontiamo decisi i pochi metri che ci separano dalla frontiera.
Il primo stop è dalla parte polacca della frontiera. Scendiamo tutti, ci vengono controllati i passaporti da parte dei doganieri, ci viene mostrato il loro stupore, ci viene rivolta qualche battuta classica su calcio e politica italiana e ci viene concesso il transito.
Poche decine di metri, altro stop. Siamo già sulla linea di confine russa.
Una agente donna, ci intima di compilare le immigration card. Con scene da barzelletta, sia io che i Notabili che si trovano per la prima volta davanti un foglio del genere, compiliamo i fogli. L’agente li controlla e ci lascia passare verso la frontiera vera e propria.
Qui il clima che si respira è diverso.
La prima auto, condotta dal vecchio e con a bordo il Magnate, il Sottosegretario alla Giustizia Messner e l’Ingegnere viene fatta accomodare ai controlli. Quella di Stasi, su cui risiedo io, con l’Avvocato Uv e l’Assicuratore, resta in attesa controllata a vista.
La milizia russa intuisce subito la situazione insolita, controlla gli autisti e fa domande su di noi. Tramite Stasi riesco a far capire le nostre intenzioni ai doganieri che ci lasciano recare al controllo uno per volta con gli altri chiusi in auto e sotto stretto controllo visivo. I
doganieri sono assolutamente sorpresi dal nostro passaggio. Sembrano non abbiano mai visto un passaporto italiano. Lo controllano minuziosamente, lo portano in un ufficio, lo controllano pagina per pagina, lo strofinano con le mani, ne allargano la rilegatura, lo passano al computer, veniamo guardati in volto a lungo, confrontano le foto, ricominciano tutto d’accapo. Dal riportarlo in ufficio in poi.
In fondo sei italiani che entrano a piedi chi li ha mai visti?
I controlli vanno così avanti uno per volta.
Dopo circa un’ora, il primo convoglio è lasciato libero di entrare in territorio russo. Il vecchio sgasa e perdiamo i contatti con i nostri predecessori.
Ora i controlli dei passaporti toccano a noi del convoglio di coda. La stessa trafila. Fin quando, dopo aver fatto superari i controlli all’ultimo dei nostri, decidono di ritirare tutti e tre i passaporti e portarli in ufficio nuovamente. Ma tutti insieme questa volta.
Dopo circa un quarto d’ora, alcuni miliziani escono alla ricerca dei componenti il primo convoglio, transitato oramai da tempo. Vogliono richiamare in frontiera anche i nostri amici già passati. Il tentativo da parte dei miliziani non va a buon fine o viene dato il contrordine, in quanto rientrano senza i “fuggitivi”.
Dopo circa due ore di sosta in frontiera, finalmente, viene dato anche a noi il via libera per l’oblast di Kaliningrad.
Alberto Stasi ci abbandona davanti un container adibito a magazin di sigarette e generi alimentari, dove i nostri compagni ci stanno attendendo.
Il nostro briefing per intuire come procedere verso Kaliningrad viene incredibilmente interrotto dalla milizia che ci ricontrolla i documenti. Anche se in maniera più sbrigativa questa volta.
La signora del magazin ci lascia intuire che presto arriverà una mashrutka a raccattarci. Così è.
Riempiamo quasi in ogni ordine di posti la mashrutka e sgommiamo verso la città.
Transitiamo da Mamanovo, il villaggio dove è ubicata la frontiera con la Polonia, un classico esempio di volgarità rurale in linea con gli standard del Caucaso russo e dell’Albania e, dopo circa un’ora, raggiungiamo finalmente la nostra meta: la città di Kaliningrad.
La stazione ferroviaria ci accoglie e ci dà il benvenuto.
Senza aver nulla prenotato, essendo stato rassicurato sui miei pieni poteri organizzativi col rifiuto delle mie dimissioni poche ore prime della partenza, noleggiamo due taxi e ci facciamo condurre alla gostinitsa MOCKBA, il centralissimo hotel cittadino.
Ripresisi dai primi attimi di sgomento, alla vista di sei italiani all’improvviso, le gentili receptionists ci concedono di prendere alloggio nell’hotel in cui lavorano.
Prendiamo possesso delle nostre comode accomodazioni e sprofondiamo in un clamoroso sonno ristoratore, nonostante sia ancora pomeriggio.
Io ed il mio compagno di accomodazione, l’Avvocato Uv, ben ristorati e restaurati, ci concediamo una veloce passeggiata romantica nei dintorni dell’albergo, inoltrandoci per il centro. La situazione ci sembra molto soft e per niente esaltante ma i nostri giudizi sono dovuti anche alla stanchezza che comunque ci portiamo dietro.
Ci ricongiungiamo col restante gruppo dei Notabili e passa la mozione del Sottosegretario Messner: chiuderci in un ristorante ed abbuffarci d’arrosto d’agnello, molto rinomato, a quanto sostiene, da queste parti.
Di un Notabile restato anonimo, nel frattempo, nessuna traccia. Gli allibratori lo danno in visita alla tomba di Immanuel Kant.
Conduco il gruppone in un ristorante con cucina lituana.
Il Sottosegretario alla Giustizia Messner apre le danze con portate elaborate direttamente dal cuoco Cico Felipe Cayetano Lopez Martinez y Gonzales, al secolo il miglior amico di Zagor. Completamente distrutti dalle calorie ingurgitate e ebbri di ottima Švyturys, la tipica birra lituana, il gruppo si divide.
I quattro Notabili, su arringa del Sottosegretario Messner, optano per un sobrio ritiro in albergo, il sottoscritto si concede una frugale passeggiata notturna per scoprire la città e per sondare il terreno, come il mio ruolo di guida impone.
Durante la lunga passeggiata per il centro, non disdegnando le stradine laterali buie ovviamente, la città mi appare in tutta la sua essenza: volgare.
Provo a testare anche il secondo punto all’ordine del giorno della mia incursione solitaria ma intuisco al volo, con sondaggi a campione, le difficoltà che si presenteranno sul campo. E’ una costante della Russia di provincia: è parlato esclusivamente il russo stretto.
Rientro in hotel, concedendomi un ultimo giro nel bar – ristorante sottostante dove, con mio alto stupore, trovo una tavolata occupata dai Notabili. Il locale è ben frequentato ed i Notabili, imperterriti, discutono di massime giurisprudenziali ed alchimie ingegneristiche.
Bevo una vodka per contrastare l’acqua ordinata dal gruppone e provo a rompere il ghiaccio con il gentile tavolo di fianco coadiuvato dal mio Avvocato Uv.
Il terreno è difficile, torniamo al nostro tavolo e mi butto anche io nelle discussioni auliche del gruppo.
La prima serata a Kaliningrad volge al termine quando i discorsi volgono sulla tomba di Kant.

LUCA PINGITORE

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