Danzica / Gdansk

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Eccomi finalmente a Danzica dopo il rinvio di due anni fa, l’ ultima volta la maledetta nube islandese ci aveva messo lo zampino e fui costretto a tagliare la città per recarmi a Kaliningrad, poco distante, in un viaggio in treno estenuante da Milano a Braniewo. Il 2012 anno degli Europei polacchi – ucraini ha visto focalizzarsi l’ attenzione europea sulla Polonia e sulla città sede delle partite dell’ Italia nella prima fase nella nuovissima e splendida Pge Arena . Danzica è la città che non ti aspetti la città meno polacca, ma non poteva essere altrimenti troppo legata alla storia del baltico, ai cavalieri teutoni, alla lega anseatica e alla Germania stessa, ma non solo l’ architettura è prettamente fiamminga con si qualche influsso rinascimentale, ma pare proprio di trovarsi in qualche via o piazza olandese o belga, visto che fu costruita da architetti prettamente fiamminghi a cui furono commissionati i lavori, l’ influsso dell’ arte italiana come in altre città polacche non è penetrato qui a fondo.

La fiera di San Domenico

Questa fiera antichissima sembra sia iniziata già nel Medioevo e colora la città per tre settimane da fine luglio ad inizio agosto, abbiamo la fortuna e sfortuna di prendervi parte e la città è invasa da polacchi e turisti, bancarelle, stand ristorativi, prodotti artigianali e gastronomici invadono tutto il centro storico, per chi come noi cerca l’ atmosfera della città si fa subito alienante , si fa fatica a vedere le cose, a camminare per strada a dribblare le folle oceaniche. Cosa positiva la città risulta molto viva e colorata, di per contro ho preferito il mio lunedi sera a Danzica a fiera conclusa quando la città ritorna ai normali standard di vita, tranquilla , discreta, e si può tornare ad ammirare le cose, tra cui le splendide balaustre in pietra dei palazzi con i loro scalini e simboli gotici , gli angoli dei caffè alla Montmatre, mangio una zuppa di funghi e pasta sorseggiando una birra di L’viv con l’ amico Roberto Polce, nel suo locale preferito , un po’ nascosto e a prova di turista, qualcuno ricorderà Polce alle nostre conferenze e come ex direttore del periodico web Viedellest per cui abbiamo scritto anche qualche pezzo, lui Danzica la conosce da anni, per averci vissuto ed ora da diversi mesi vi ha residenza stabile. La città dopo l’ orda calcistica e della fiera tornerà alla sonnolenza e tranquillità solita, vedremo se il volano degli europei e un attenuamento della crisi porterà nuovo turismo e nuovi investimenti in città , che poi è un arma a doppio taglio per noi pseudo romantici anti omologazione, già ora a detta di Polce è raro trovare qualche locale o ristorante davvero caratteristico o tipicamente polacco rispetto a vent’ anni fa, i più sono fatti ad uso e consumo turistico sia come qualità che come prezzi.Ostelli ed hotel sono spuntati come funghi.

Westerplatte

Danzica merita di essere visitata a fondo in un paio di giorni, non mi dilungherò sulle bellezze architettoniche ma sicuramente un giro in battello a Westerplatte va fatto, si ha una completa visione dei cantieri e della penisola di Danzica e si può ammirare sostandoci il monumento della seconda guerra mondiale a ricordo della battaglia e della resistenza polacca , un piccolo museo e la fortezza, formalmente con la presa della città libera di Danzica iniziò la seconda guerra mondiale il 1 settembre 1939, “ Morire per Danzica ?” , titolava un giornale francese con un agghiacciante punto interrogativo da li a poco sarà inevitabile l’ intervento europeo.

I cantieri Lenin

Dalla stazione centrale di Danzica raggiungendo Sopot, grazie alla veloce e frequente ferrovia elettrica, si ha una visione completa e sopraelevata dei cantieri di Danzica. Furono protagonisti degli scioperi e delle proteste legate a Solidarnosc a partire dagli anni 70 , con il loro culmine ad inizio anni ’80, Lech Walesa, elettricista e sindacalista, divenuto simbolo degli scioperi e della rivolta antitotalitaria della Polonia cattolica divenne dopo il trapasso post 89 addirittura Capo di Stato , oggi appaiono in tutta la loro vastità e desolazione. I cantieri intitolati a Lenin la cui targa è stata ripristinata, anche se ora nascosta da un lenzuolo con il simbolo del sindacato Solidarnosc, per permettere di girare ad Andrzej Wajda, la pluri ottant’ enne gloria del cinema polacco il suo film su Walesa, che apparirà a breve nei cinema polacchi e si spera italiani, davano lavoro a più di 20000 persone, una piccola città insomma che durante gli anni del Patto di Varsavia costruiva anche navi e logistica per le marine delle nazioni aderenti al patto. Gli Stocznia Gdanska ovvero i cantieri restano ai nostri giorni immobili nel tempo dopo più di vent’ anni dalla Polonia finalmente padrona del proprio destino, i posti di lavoro drasticamente ridotti e riconvertiti verso yacht di lusso nelle nuove locations dei cantieri, ormai nessuno degli operai dell’ epoca ci lavora più , restano le altissime gru metalliche , i carroponti, tralicci, immensi spazi vuoti, carcasse di navi in ferro dimenticate, le decine di edifici abbandonati in mattoni rossi tipici dell’ architettura baltica e anseatica, finestre rotte, il silenzio e la stagnazione. Le attrezzature da varo vuote, nessun rumore assordante di attività , prati di erba non tagliata, le decine e decine di gru ferme appollaiate come uccelli che non possono più volare. Varcando i cancelli famosi dei cantieri numero due luogo simbolo degli scioperi e delle rivendicazioni di Solidarnosc si incrocia tutt’ al più qualche sparuto turista curioso e si organizzano ormai tour in bus per nostalgici, una foto di Giovanni Paolo II e una della Madonna nera di Częstochowa accoglie il visitatore , e per chi come me seppur piccolo ricorda quei giorni che a quanto mi dicono appaiono ricordi sbiaditi, conosciuti o inesistenti per la gioventù polacca delle ultime generazioni, l’emozione è forte. In fondo era vita reale anche per me, seppur indirettamente attraverso giornali e filmati televisivi che certo non approfondivo ma conoscevo almeno vagamente. Lo stesso visitando il ben fatto Museo Road to Freedom o il museo di Solidarnosc, in un edificio in mattoni dentro i cantieri, il recente passato fatto storia, come è giusto che sia e visita necessaria per chi ha smarrito il ricordo o non l’ ha mai vissuto, le immagini che hanno attraversato la tua retina, i vecchi registratori del museo , i telefoni, le macchine da scrivere, gli oggetti degli anni 70 e 80 che poi erano anche simili ai nostri italiani, sembrano oggi anticaglie di 100 anni fa eppure così fino all’ altro ieri, la storia che ricordi o gli oggetti che hai usato diventano pezzi da museo e se tale cosa può essere deprimente come indice di invecchiamento per il resto danno una calda sensazione di familiarità e di nostalgia per un mondo adolescenziale che sicuramente era ricco e speranzoso di altri grandi cambiamenti non solo politici ma anche spirituali e di miglioramenti generali, presto disattesi. Probabilmente prima o poi l’ immenso spazio vuoto verrà riconvertito in edilizia o centri commerciali magari preservando il celebre cancello, sull’ esempio di città come Liverpool, Dublino o Belfast, il tempo che passa modifica le città e spazi del genere a due passi dal centro città fanno sicuramente gola, magari passata questa crisi ad investitori e speculatori. La situazione cantieristica di Stettino e Gdynia oltre a quella di Danzica è al collasso. Da tempo non ci sono più commesse e la disoccupazione ed alta si lavora negli ambiti della manutenzione e degli yacht con manodopera sottopagata o in nero bulgara, ucraina, lituana.

Anna Walentynowicz

Strano destino quella della “pasionaria” Anna morta nel 2010 ad ottant’ anni nella tragedia dell’ incidente dell’ aereo presidenziale che ha decimato la classe dirigente polacca a Smolensk. Anna Walentynowicz è stata una attivista sindacale della prima ora, proprio da un suo ennesimo licenziamento partirono gli scioperi dei cantieri Lenin di Danzica di tutti i 17000 operai che portarono all’ ascesa di Walesa e alle numerose concessioni che portarono agli accordi di Danzica, anche se da li a poco sarebbe stata proclamata la legge marziale dal generale Jaruzesky. Anna come tante persone credeva al comunismo ed era grata alla Polonia popolare di poter dare il suo contributo, ma anni difficili di razionamenti, false promesse, salari da fame, di una vita dura come saldatrice e gruista la fanno virare verso la protesta sindacale prima clandestina , poi come attivista di Solidarnosc e spesso in dissidio con lo stesso, questo le costerà prigione e internamento ai tempi della legge marziale. Dopo la fine del comunismo e l’ ascesa di Solidarnosc resterà fortemente critica con lo stesso e verrà messa da parte denunciando le pensioni da fame, i costi ospedalieri e il finto benessere solo per pochi , Solidarnosc insomma diceva la Walentynowicz ha tradito il suo mandato pensando solo a carriere e potere, e il termine solidarietà non ha più senso visto che non c’è più nessuno che si occupi dei deboli e degli esclusi. Non ho letto molto su questa grande donna valeva la pena ricordarla ancora. Anni di personaggi coraggiosi come Jerzy Popieluszko, il sacerdote che diceva messa agli operai in sciopero e che venne assassinato da funzionari del ministero dell’Interno della Repubblica Popolare di Polonia. Interessante anche questa interpretazione molto moderna di Jozef Tischner, altro prelato vicino al movimento sindacale che spiega gli scioperi polacchi: “La ribellione degli operai polacchi del 1980 è stata una ribellione contro la patologia del lavoro. In che cosa consisteva questa patologia del lavoro? Diremo brevemente che in Polonia si era verificato il fenomeno del lavoro senza senso. Restituire al lavoro una dimensione etica significa far sì che il lavoro serva alla comprensione tra uomo e uomo. Questo è l’ethos del lavoro. L’ethos del lavoro è per il lavoro ciò che il bello è per l’opera d’arte. Un’opera d’arte priva di bellezza non è un’opera d’arte. Un lavoro che non serve alla comprensione non è lavoro”.

LUCA TOCCO

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