Crimea 2018

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L’ aereo che ci porta a Simferopol vede imbarcarsi insieme a noi un folto gruppo di cinesi. Si recano in Crimea per lavorare ai vari progetti che seguono nella penisola. Se gli “occidentali” si sono rifiutati di partecipare, per via di sanzioni o di conseguenti imposizioni a doversi defilare, al nuovo sviluppo del lembo di terra al centro del mar Nero, i cinesi si sono accaparrati le commesse milionarie. Come del resto sono già protagonisti in numerosi paesi africani, dell’ Asia Centrale ed in altre zone del globo. Sorvoliamo, prima di atterrare, decine di caccia parcheggiati nell’ aerea militare vicino l’ aeroporto. Atterriamo nel nuovissimo scalo aereo della capitale. L’ avevamo già visto due anni fa durante il nostro ultimo viaggio da queste parti ma il suo ampliamento è ancora in divenire e molto presto sarà operativo in tutte le sue funzioni. Notiamo, cercandolo con lo sguardo nostalgico di viaggi passati ed emozioni vissute, il vecchio edificio che funzionava da aerodromo oramai privo dello storico cingolato nastro trasportare di bagagli che era ubicato sul piazzale antistante. La sua assenza, memori della nostra esperienza in loco di circa dieci anni fa, l’ avevamo ovviamente già avvertita durante il viaggio precedente. Questa volta vogliamo provare ad approfondire un po’ di più la capitale della Repubblica Autonoma di Crimea, Simferopol, sempre vista di passaggio ma senza mai esserci soffermati per davvero. La città si presenta con molti spunti interessanti per noi appassionati viaggiatori ed è intrisa di “volgarità” come non vedevamo da tempo: centro città ben curato, trasandatezza al di fuori. Si nota la differenza con la nostra tappa successiva, la Città a Statuto Autonomo di Sevastopol. Per certi aspetti potrebbe richiamare lo stacco che si nota passando dalla moldava Chisinau alla transnistriana Tiraspol. Ma tutta la fascia costiera meridionale della Crimea ( JUBK ) si differenzia dal resto della penisola essendo sempre stata la parte più turistica e conseguentemente più sviluppata. Ed è anche quella più protagonista nella storia essendo stata campo di battaglia durante la guerra che porta appunto il suo nome ( Guerra di Crimea ), poi durante la II° Guerra Mondiale e subito dopo sede della Conferenza di Jalta che ufficializzò la divisione del mondo in due blocchi in antitesi tra di loro. Ma la Crimea è stata anche snodo di traffici economici tra Europa ed Asia e residenza di numerose popolazioni quali tauri, antichi greci, romani, bizantini, genovesi, tatari, greci moderni, italiani, ucràini, russi insieme a molte altri popoli. Tutto ciò, oltre alle sue proprie bellezze naturali, ha lasciato in dote a questa terra numerose attrazioni turistiche e numerosi richiami alla storia facendola esser presa in considerazione da molti come meta di una vacanza o di un viaggio. Da quattro anni a questa parte, però, l’ opinione pubblica internazionale ha deciso di abbandonare la penisola crimeana boicottandola tramite campagne mediatiche poco veritiere, inculcando false paure ed intimando sanzioni a coloro i quali, anche lontani da intenti politici, volessero visitarla e godere del suo clima mite. Come sempre facciamo durante i nostri viaggi, ci confrontiamo con chiunque entriamo in contatto durante la nostra permanenza. Vogliamo avere conoscenza diretta delle cose, per questo leggiamo poco e viaggiamo molto. Quello che ne esce fuori è un quadro ancora più deciso a favore dell’ unione con la Russia rispetto a quello che ascoltammo e vedemmo la scorsa volta, forse ancora troppo a ridosso degli eventi. La Crimea, seppur con la vetrina della sua rinomata costa, aveva imboccato la strada della trascuratezza e la sua gente della rassegnazione, essendo oramai assuefatti ad una situazione scarsamente dinamica. La possibilità di tornare ad essere uniti politicamente alla Russia ha dato un nuovo slancio alla popolazione ed all’economia ed ha ravvivato una atmosfera che si trascinava verso l’oblio. La cosiddetta “primavera crimeana” ha rianimato la situazione. Ora la gente ci crede, ha voglia di fare, vede una nuova opportunità. Magari poi tra qualche anno tutto questo fermento rientrerà nei ranghi della remissiva normalità ma per ora l’ esser “tornati a casa” regala una inusuale vivacità. In un certo senso si è tornati all’anno zero. Nonostante le numerose difficoltà create dal non riconoscimento internazionale di questo passaggio pacifico nella Federazione Russa in seguito ad un referendum che ha visto finanche la gente inferma fisicamente chiedere con forza a familiari ed amici di esser portati ad esprimere la propria volontà alle urne. Da allora i McDonald’s sono spariti ma resistono le pizzerie della catena “Celentano” quasi a memoria storica di una Ucraina che non c’è più ma che è ancora presente tramite le diverse targhe automobilistiche rimaste ucràine ed i seppur pochi ucràini di etnia che continuano a vivere senza problemi nella penisola. Erano una minoranza prima e sono rimasti una minoranza ora. Come gli strumentalizzati “tatari di Crimea”, assunti a simbolo di presunte repressioni da parte dei russi ed invece fermi al loro solito posto con le loro moschee sparse e visibili per la penisola. Alcuni tatari è vero, hanno preferito lasciare la nuova Crimea ma in qualsiasi situazione di cambiamento ci sono favorevoli ed oppositori. E come prima c’era uno stacco tra le due etnie, uno stacco c’è anche ora. Tipici dissapori tra popoli diversi che convivono però pacificamente. Finanche in Italia tra nord e sud del paese sono presenti veementi diatribe. Altra minoranza storica presente, in precedenza non riconosciuta ufficialmente, è quella degli “italiani di Crimea”, discendenti di un fenomeno migratorio che vide protagonista la nostra penisola italica con numerose famiglie che cambiarono terra considerando la Crimea la Penisola Promessa. E lo fu per molti anni fino a quando, tacciati di collaborazionismo con i nazisti insieme ad altre popolazioni non autoctone, furono deportati nelle steppe del Kazakhstan per poi far rientro, i pochi sopravvissuti, dove si erano stanziate quindi a Kerc, proprio sulla estrema punta orientale della Crimea e praticamente nel punto d’ incontro con le acque del mar d’ Azov . Da allora per molti anni non furono riconosciuti come minoranza e ciò si aggravò al discioglimento dell’ Unione Sovietica, quando, essendo quindi in Ucraina, furono considerati quasi alla stregua di apolidi. Diventati russi hanno finalmente ottenuto il tanto agognato riconoscimento così che oggi l’ associazione che li rappresenta è sempre più attiva anche nei contatti con l’ Italia stessa. Il fautore di questo riconoscimento ed anche il Cavaliere di questa onda mediatica è stato tempestivamente Berlusconi che in Crimea, come nel resto della Federazione Russa, è guardato con simpatia e divertimento. L’ amicizia con il presidente Putin e soprattutto i suoi celebri festini lo hanno reso famoso in ogni angolo della Russia. Anche a Balaklava, sede per tutto il periodo dell’ Urss della base dei sottomarini sovietici, ora trasformata in museo, gioiello della costa crimeana con la sua amèna baia dominata dall’ alto da una antica fortezza genovese tanto da essere nelle previsioni il nuovo centro turistico alternativo alla già famosa Jalta, Berlusconi ha mostrato la sua presenza. Sulla collina fuori città, campo di battaglia dove i piemontesi del Regno di Sardegna combatterono e molti di essi morirono, è collocata una stele ad imperituro ricordo degli italiani. Proprio sotto la stele Berlusconi e Putin si incontrarono pubblicamente durante la visita del primo in Crimea subito dopo l’ unificazione. E proprio lì, con la collaborazione di imprese italiane, è prevista la costruzione di un imponente memoriale che segnerà per sempre l’ amicizia tra le due penisole. Abbiamo avuto la possibilità di visionare il progetto e conoscerne i vari dettagli. Si attendono gli inizi dei lavori a breve. Sperando non sia la solita proposta ad alto impatto mediatico e nulla più. Certo di Italia c’è molto in Crimea. Oltre ad i legami citati non mancano italiani che vi si sono trasferiti negli ultimi anni, alcuni quando era ancora Ucraina, altri subito dopo, e, seppur ancora in pochi, non hanno alcun interesse a “scappare da una terra invasa e costretta a cambiar bandiera contro la propria volontà”. Chi si reca in Crimea si rende conto con i propri occhi che la realtà è molto differente. E noi ce ne rendemmo conto ( seppur ne fossimo già sicuri prima di partire) durante il nostro precedente viaggio nella “Crimea occupata”. Come affermato allora, con i carri armati ci convivemmo durante il viaggio in Kosovo prima del suo riconoscimento internazionale ma non in Crimea; posti di blocco con militari armati li abbiamo subiti durante i nostri giri nei Territori Palestinesi o magari nelle varie città italiane per l’ operazione “strade sicure” ma non in Crimea. Gli attacchi mediatici strumentali a colpire la “Madrepatria Russia” rendono la Crimea vittima di un certo isolamento internazionale. Spariti quasi del tutto i turisti stranieri; resi inutilizzabili i circuiti internazionali bancari con bancomat e carte di credito ( straniere anche esse ) non funzionanti; esclusa dal roaming internazionale con tanto di beffa da parte del proprio operatore telefonico nazionale che ti invia il messaggio di “benvenuto in Russianon appena traghetti lo stretto ed approdi nella “Russia vera e propria”; non dando la possibilità di partecipare alle elezioni italiane da votante all’ estero poiché il consolato russo di Mosca ha le mani legate e non può avere le competenze per la Crimea spettando queste all’ ambasciata italiana a Kiev. Ma la Crimea è Russia quindi l’ ambasciata italiana in Ucraina non ha poteri sulla Crimea e tra l’ altro, pur volendo provare un qualsiasi cittadino straniero a recarsi in Ucraina, non esistono voli diretti per Kiev essendo stati cancellati sine die insieme a tutti quelli per i restanti paesi del mondo, rimanendo quindi operativi solo i voli con Mosca. Puoi passare allora la frontiera via terra. Ma treni e bus sono stati cancellati anche essi. Devi quindi raggiungere la frontiera con una marshrutka (mini bus) e proseguire a piedi ma passi solo se sei ucraìno, crimeano o, comunque con qualche difficoltà, russo. Molti crimeani hanno mantenuto anche il passaporto ucràino che non ha mai perso di valore, trovandosi quindi a poter sfruttare due passaporti di due stati differenti. Se sei straniero comunque vieni immediatamente arrestato non appena oltrepassi la linea di confine. Eri in Crimea, quindi in Ucraina illegalmente. Nonostante tutte queste difficoltà, gli abitanti della penisola del mar Nero affermano che senza ombra di dubbio è “meglio ora”. E festeggiano l’ anniversario del referendum con celebrazioni di piazza, da Sevastopol con la presenza di Putin ed i fuochi d’ artificio, fino a Kerc con l’ esibizione di un gruppo folkloristico scozzese in kilt e cornamuse e gli sbandieratori italiani di Sansepolcro. Entrambi i gruppi non curanti delle sanzioni che li colpiranno per aver commesso il gravissimo reato di metter piede in Crimea, una terra bellissima ma proibita. Come del resto non si curano delle minacce e delle complicazioni inerenti i loro investimenti nella penisola crimeana quei pochi imprenditori italiani che, sfidando le istituzioni “occidentali” e le sanzioni imposte alla Russia ed alla Crimea, iniziano flebilmente ad operare in loco. Sono gli anni della ricostruzione e gli affari sono affari. Anche se l’ ombra del drago cinese si fa sentire. Ma anche la determinazione dei russi a farcela da soli. Ed ecco in circa quattro anni il nuovo aeroporto (già comunque operativo da più di due anni), le nuove ferrovie, la nuova autostrada Sevastopol – Simferopol – Kerc e soprattutto l’ opera più imponente: il ponte di circa 16 km che collegherà la Crimea alla “terraferma” Russia. Prendiamo il traghetto per attraversare lo stretto di Kerc. La prima volta circa dieci anni fa passavamo da uno stato all’ altro. L’ emozione era tanta. Lo è anche ora. Forse l’ ultima traversata dello stretto in traghetto.

IL VIAGGIO DEL 2016:
Crimea 2016

LUCA PINGITORE

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