Grecia 2015: impressioni di viaggio

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Nel migliore dei mondi possibili la “Grecia” o grecità dovrebbe essere un modo di vivere, un modo di rapportarsi alla realtà e all’eternità.
Hanno tentato di portarcela via con le parole crisi e spread, con un Europa che non esiste ma che detta condizioni, regole, misure, che si occupa di centimetri e di balzelli, ma non ci sono riusciti.
Hanno tentato di farci credere che sia un mondo finito, morto, sepolto, fossilizzato in un museo o racchiuso in un libro di testo o in un filmino delle vacanze al mare sulle isole.
Noi viaggiando non l’ abbiamo abbandonata, ma riconquistata.
Questa volta le foto che ho fatto non mi hanno soddisfatto.
Troppa luce, troppo ristretto l’ obiettivo per racchiudere un mondo tridimensionale.
Troppa magia nell’aria.
Guardando le rocce e gli spuntoni delle Meteore, nere come la pece, guardando la notte stellata, nel villaggio di Kastraki, capisci come e perché la Grecia placò l’irrequietezza di Bruce Chatwin, le cui ceneri vennero disperse dalla moglie in una chiesetta nel selvaggio e turrito Mani.
Un “dito” del Pelopponeso, patria di adozione del viaggiatore Patrick Fermor.
Ti immagini seduto a parlare con quei due, a bere retsina, nella pace di Kardamili.
La Grecia ti placa, ti rasserena, ti rende libero e intero, come disse Henry Miller.
La sua luce abbagliante ti stordisce : le rocce fanno un tutt’uno con cielo e mare.
Ti abbeveri di miti: anche se a Delfi il Dio Apollo ormai tace e la sacerdotessa Pizia non vaneggia più stordita dai gas della terra, anche se a Micene le tombe sono vuote e i tesori degli Atrei sono racchiusi nei musei che importa.
Permangono tracce, indizi, capitelli e pietre gettate a terra da tempo, terremoti, eserciti.
Vorresti essere forte come le ciclopiche mura di Tirinto, vorresti saper dipingere icone sul legno come quell’artista che hai conosciuto a Salonicco: forse darebbe un significato alla tua esistenza o forse anche no.
Barcolli tra le rovine di Mystra, sotto il sole cocente, tra le rovine decorate di affreschi bizantini scoloriti e consunti dal tempo, barcolli pieno di Metaxa nelle strade golose e gioiose di Tessalonico.
Incontri Bisanzio, la dinastia dei Paleologi, la caduta di Costantinopoli, il sanguinario Ali Pasha Tepelene, i sultani Ottomani, fai un salto nel tempo sull’isola di Nissi a Joannina o un salto mistico al Monte Athos.
Tutto prende forma e si confonde da un momento all’altro, la Grecia è come un polipo che ti avvolge con le sue spire, basta che cali la notte, basta chiudere gli occhi anche di giorno, che sogno e realtà si confondono.
Veneziani, crociati, monaci, santi, guerrieri, minoici, filosofi, ti senti come Fedro gettato dalle rupi, ma rimbalzi alla ricerca della prossima tessera del mosaico che hai perduto.
Issato da una fune in una gabbia come i primi monaci sospesi nell’ aria per raggiungere la vetta, stretto in una fessura perfetta come il canale di Corinto, perso nel labirinto di Cnosso o seduto sul trono del Re Minosse.
Pan è vivo o è morto, non lo sai ancora, ma la Grecia ti riduce all’essenziale, ti libera delle zavorre, ti fa capire come tutto passa ma permane.
Le dame azzurre a Iraklion ti seducono come Calipso.
Obbligato a scegliere tra Penelope e Circe sai che sceglierai sempre la seconda, non tornerai a casa come Ulisse.
Vorresti mollare gli ormeggi, far crollare le tue mura e restare senza difesa come Festo o Cnosso.
La tua visione si fa cristallina, sebbene martirizzato dal tempo e dalla vita come i santi delle chiese medievali, da pieni e vuoti, dalla ricerca di qualcosa che forse non sai se nemmeno c’è e ci fa girare tutti in circolo come cavalli al circo.
La Grecia sgrossa l’inessenziale e il materialismo con una visione più semplice e chiara come l’acqua che ti portano sempre appena ti siedi ad un tavolino di un bar o di un ristorante.
Gatti ovunque, suoni di Bouzouki, lungo le mura di vedetta di castelli arroccati e dai mille scalini, vorresti tornare indietro ma non puoi, anche se sai che tutto è uno scherzo, vai avanti lo stesso a giocare.
In Grecia sai che tornerai se il fato non sarà avverso.
La Grecia: uno scrigno sempre aperto, che si nasconde dietro la montagna, ma esiste, come la città di Monenvasia.

LUCA TOCCO

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