Australia 2009

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A distanza di una settimana mi ritrovo a scrivere del nostro viaggio in Australia, son passati solo 7 giorni ma sembra sia già passato un secolo. Saranno i -4 gradi di oggi contro i 25-30 di Melbourne e Sydney oppure il fatto che, quando torni da tre settimane più che intense, la quotidianità ti fa sembrare che il tempo scorra così lento.. tanto che un giorno ti sembra lungo quanto una settimana.
Il viaggio in Australia nasce quasi per caso, non è uno di quelli che hai sempre sognato (tipo gli Stati Uniti per me) o di quelli pensati per anni e anni e sempre rimandati. E’ nato quando il Rosso ci dice che, per lavoro, andrà a fare 2 settimane di corso intensivo a Perth (“e dove si trova questa Perth??” è stata la prima reazione comune) e che vorrebbe attaccarne altre due per girare l’isola australiana. Da qui partono i soliti sondaggi… e, tra valutazioni di budget e di ferie disponibili, ci troviamo a partecipare alla “missione Mr. Crocodile Dundee” io e il buon Melchio. Organizziamo così il nostro tour che prevedere 3 trasferimenti interni con la Qantas e circa 1.000 km in auto. Io e Mel partiremo una settimana prima della fine il corso del Rosso e arriveremo a Melbourne per poi ricongiungerci con lui a Perth.

PARTENZA

E’ venerdì 13 novembre, il nostro volo partirà alle 21 circa e mentalmente non siamo ancora preparati a quello che ci aspetta. Tra volo, scalo a Dubai e fuso arriveremo a Melbourne alle 6 della domenica mattina. L’aereo della tanto decantata Emirates è meno comodo di quel che pensavamo e il tempo trascorre con le solite cose.. si guarda qualche film, si mangia, si dormicchia tra gente che russa e bimbi che piangono e si parla con i vicini.. tra cui una ragazza di Modena che va a Brisbane e una tedesca che non la smette più di farci domande…

MELBOURNE
Dal 15 al 19 novembre.

Atterriamo a Melbourne puntuali e superato il controllo cibo all’ingresso (perché da/per l’Australia non si può portare nessun tipo di alimento, visto i danni subiti dalla contaminazione degli anni passati) ci immergiamo in piena mattina nell’atmosfera della città che ci accoglie con i sui 25 gradi un po’ ventosi.
Una caratteristica che noteremo anche nei giorni successivi e che comunque ci immaginavamo è la modernità di quello che ci circonda. Gli edifici più antichi risalgono all’800 (inteso come 1.800…..) e tutto intorno si sono sviluppati i grattacieli che però non stonano come accadrebbe in una città medio-grande europea, anzi ci stanno bene e caratterizzano il paesaggio. Oltre questo, un’altra cosa piacevole sono i numerosi parchi/punti verdi e l’efficienza dei numerosi mezzi pubblici.
Dei 4 giorni che abbiamo passato a Melbourne, uno lo faremo a Philip Island con i suoi pinguini mentre gli altri tre li dedicheremo a viverci la città. In particolare abbiamo fatto a piedi quasi tutto il centro commerciale della città (il CBD) con il municipio, la moderna cattedrale di fronte alla piacevole e sempre viva Federation Square, la Flinders Station, Il Parlamento (dove all’inizio volevano intervistarci chiedendoci un parere sulla politica attuale), Chinatown (che è stata la prima in assoluto in Australia) e la vista dall’alto dall’88 piano dello Skydeck. Ovviamente il centro non è centro se non c’è la via dei negozi.. (Bourke St) e per noi è stato quasi assurdo vedere l’albero e gli addobbi natalizi con sole della madonna e più di 30°!
Poco fuori dal centro ci sono zone contrastanti tra loro; da una parta le zone moderne del Docklands, quartiere appena sistemato con il nuovissimo porto e lo stadio di Football Australiano, e del Southbank con casinò e ristorante pieni a tutte le ore; e dall’altra parte le strade che si estendono verso nord che conservano i tratti della loro recente storia, in particolare le case basse con il cancello che abbellisce l’ingresso e la piccola veranda.
Bellissimo è stato il giro in bici per la Lygon St, la strada degli italiani dove, per il momento, si regge ancora all’invasione cinese e si trovano ristoranti e caffetterie con nomi famigliari (Don Vincenzo, ristorante Borsari, Pizza Mia, parrucchiere Pippo, ect) o negozietti che vendono gli Agnolotti fatti in casa e altre specialità.
Inoltre è pieno di gelaterie, non solo Lygon, ma tutta l’Australia.
Proprio in Lygon un pomeriggio ci siamo fermati a mangiare un gelato e alla fine abbiamo passato più di mezz’ora a chiacchierare del più e del meno con il proprietario (Roberto) e sua moglie.
Sempre in bici abbiamo fatto la Brunswick St, la via più alternativa, con negozi eccentrici e pub strambi.. tanto che mi ricordava una piccola Candem Town di Londra.
Carino è stato anche il Queen Victoria Market dove trovi di tutto.. venditori di souvenir, fruttivendoli che si danno battaglia di prezzi urlando, pesci, panetterie e carne varia.
Durante il nostro giro nel Market è facile che siamo finiti nella trasmissione “turisti per caso” giapponese che stava proprio riprendendo mentre commentavamo l’ITALIAN PROSCIUTTO in vendita da un macellaio.
Melbourne ci ha dato l’impressione di una città in crescita ma comunque dove si vive bene e dove si ha l’opportunità di fare molte cose. A primo impatto con la gente si notano alcune cose.. tipo che son patiti di tatuaggi (quasi tutti ne hanno uno e molti son assurdi.. tipo la faccia di Hulk verde sul polpaccio.. o ragazze che hanno tatuate le spalle fino all’altezza seno..) e che molti ragazzi giovani portano i baffi..
Poi vanno matti per il vino, sia bianco che rosso, e appena possono organizzano barbecue tra amici… tanto che in città è pieno di luoghi pubblici dove cucinare e mangiare. Parlandoci vedi che son molto rilassati (non immaginate nei paesini come se la prendano ancora più comoda) e cercano di godersi la vita…
Sembrano tutti innamorati dell’Italia, appena gli dici da dove arrivi ti senti subito rispondere “Cool!”, poi è pieno di ristoranti italiani o con nomi italiani. Da non credere alla presenza di cinesi o asiatici, c’erano momenti che mi sembrava di essere arrivato a Pechino più che a Melbourne, con i locali di Karaoke (dove ovviamente non siamo riusciti a entrare) o massaggi thailandesi.
Facendo da domenica a mercoledì purtroppo, a Melbourne, non abbiamo potuto approfittare della vita notturna… anche se tutte le sere ci abbiamo provato Domenica siamo partiti forte con l’aperitivo lungo lo Yarra River nei baretti sotto la Federation Sq.; mescolandoci alla festa Polacca (??!!) le birre a nastro ci hanno illuso su una serata all’insegna della pazza gioia alcolica.
L’ottima carlton draught (alla fine la migliore tra le birre provate) insieme alle ragazze ben svestite (minigonnazze e magliette scollate si sprecavano) facevano il loro effetto. Al calar del sole, rifugiati al Transit hotel (così si chiamano i pub), la situazione è sempre calda ma facciamo giusto in tempo a conoscere il personaggio del locale, un vecchietto che martella tutte, e un paio di ragazze.. prima che verso le 10 tutto si spegnesse!! E iniziamo a convivere con l’indole ubriaca e buzzurra dei ragazzi… quando son “in pista” è facile vedere gente che si scontra, minacciano botte e fanno i duri…
La serata la chiudiamo al casino, dove ci buttiamo via 20 dollari alla roulette prima di tornare al nostro ostello dove, in preda alla carlton draught, speravo di ribeccare la biondazza che durante tutto il check-in ci aveva fatto intravedere le mutandine..
Il martedì dopo aver chiesto a mille persone, lo passiamo in Swanston St, al Cookie, l’unico pub/club decentemente frequentato quella sera. E’ un bar normalissimo, un po’ alternativo, dove i tavoli mantengono la privacy con dei separè molto anni 50. Noi ci mettiamo al bancone, nel giro di mezz’ora vediamo un gruppo di giovani americane sgolarsi l’impossibile.. io cerco di farmi notare passando davanti al loro tavolo 5 volte per andare in bagno.. ma le tipe sembrano non accorgersene o forse non sono interessate.. tanto che due si baciano tra loro.. Tornando al bancone, mi gusto Mel che per sporgersi a guardare cade dalla sedia.. e poi si mettono vicino a noi due stra-fatte (di cui una molto bona) che si fumano del crack con tranquillità. Alla fine, finita l’ultima birra prima di andare veniamo abbordati da una Cilena, che entra nel locale.. ci fissa, si avvicina e mi saluta… Quando gli presento Mel, lei da in escandescenza per il nome Fabio (a suo dire il classico nome italiano) e scompare…
L’ultima sera, il mercoledì, in giro per strada c’è parecchia gente… la maggior parte cinese… e andiamo al Rooftop bar & cinema, praticamente sopra il Cookie.. La location è ottima, sul tetto di un grattacielo, dove bevendo ci si gode delle luci della città. Però non è il Cookie.. e di cose strane non accadono. Giornata fantastica è stata la trasferta del lunedì a Philip Island.
Questa meta è famosa per due cose: il circuito del motomondiale e i pinguini che al tramonto arrivano dall’oceano dopo la pesca per tornare a dormire sull’isola. Visto che di notte i mezzi dall’isola verso Melbourne scarseggiano, siamo costretti a prendere un tour organizzato che durerà mezza giornata (http://www.bunyiptours.com con certificazione “EcoTour”)
Siamo una 15ina e partiremo da Melbourne verso l’1. Per occupare il pomeriggio, oltre alle due ore di viaggio, ci porteranno alcuni posti caratteristici nelle vicinanze. Prima ci fanno girare per una riserva con animali tipici… peccato che ci sia solo un solo koala, che sembrava morto, un solo wombat, che dormiva dentro un tronco, un solo emu, un solo dingo… e una decina di wallaby e canguretti. Poi ci portano a vedere la ricostruzione di una vecchia fattoria… dove possiamo girare liberamente guardando l’interno della casa, la falegnameria, il fabbro e mentre il gruppo si gode la tosatura di una pecora.. noi osserviamo le vacche (non quelle che piacciono a noi…), i cavalli e i tori pascolare.
Nonostante la tosatura ci è piaciuto, sembrava quasi di stare in un ranch. Prima del tramonto passiamo per la spiaggia più bella dell’isola, la Woolamai beach, veramente affascinante nonostante il vento fortissimo; e i Nobbies, le rocce panoramiche che con l’oceano creano un gran panorama. Nel frattempo proviamo a far conoscenza dell’unica ragazza interessante del tour, una giovane franco-canadese che viaggia sola. A pranzo si siede vicino a noi per mangiare i “delicious sandwich” forniti dal tour e sparo due cazzate, tanto che Mel mi affibbia il primo soprannome del viaggio.. “Joe Calamita” per la mia (non) capacità di attirare le ragazze. Peccato che poi non spiaccicherà più una parola con nessuno!
Mel invece si inizierà a lamentare per la cena a base di Pizza (sempre fornita dal tour e dagli ingredienti a noi sconosciuti) mangiata alle 5 e mezza in riva all’oceano con vista ponte e con tanto di numerosi gabbiani inclusi. Poi finalmente arriva il momento dei pinguini, ci mettiamo sulle gradinate un’ora prima del tramonto durante la quale, mentre ci copriamo dal freddo, riesco a beccarmi la cagata di un gabbiamo sulla spalla e un cinese dietro di noi apprezza con rutti e scoregge il pasto appena finito. Però questa attesa è stata ripagata quando arrivano i primi pinguini, son troppo buffi.. piccolini, li vedi muoversi come l’ ”omino Michelin” tutti in gruppo.
Partono decisi verso la riva, ci ripensano, poi il gruppo si suddivide in 2, alcuni salgono finalmente verso la terra mentre altri tornano in acqua. Veramente belli e divertenti Inoltre quando sembra tutto finito, tornando verso il visitor center, sotto le passerelle li vedi molti vicini che salgono con il loro passo.. alcuni guardandoti stupiti altri girando su se stessi. Verso le 9 e mezza è tutto finito, torniamo sul bus stanchi dalla giornata ma contenti, non prima però di aver cercato il colpo gobbo con la canadese.. Visto che aveva dimenticato il pacchetto in caffetteria, lo recuperiamo da veri gentleman, ma in cambio otteniamo un distaccato “thanks”….
Altro che Joe Calamita!! E mi vien da pensare “per fortuna ci sono i pinguini…..”

Dal 19 al 22 novembre 2009.
La mattina del 19 prendiamo il primo aereo interno; grazie al cambio di fuso nonostante le 4 ore di volo arriviamo verso mezzogiorno.
A Perth veniamo subito accolti da un forte vento che ci fa rimpiangere i 35° di Melbourne. Per andare in centro prendiamo lo shuttle bus all’esterno dell’aeroporto… peccato che di shuttle avesse solo il nome e forse l’anno di costruzione di quelli usati dalla NASA (1972).
Qui incontriamo un personaggio di gran livello: l’autista, un vecchio con baffi uscito direttamente da Woodstock.
Prima ci aggancia chiedendoci se io e il Latin Lover (Così chiama Mel, visto che aveva su una maglietta con quella scritta) dovevamo andare in centro.
Poi fa lo stesso con altri passeggeri.. facendoci aspettare 20 minuti all’interno del pulmino nella speranza di riempierlo. Al primo semaforo viene chiamato dalla guidatrice dell’auto dietro di noi perché aveva lasciato aperto lo sportello del portapacchi… (e per fortuna che nessuna valigia era già partita sulla strada..) Infine molla una tipa a 500 mt dal suo hotel tanto “it’s more fast by foot”… e quando risale pianta una delle scoregge più rumorose che abbia mai sentito..
Soddisfatti dell’accoglienza ricevuta molliamo i bagagli in ostello ed iniziamo con il giro per il centro cittadino. In se la città non ci colpisce troppo positivamente.. forse risente del confronto con Melbourne.
Però si vede che è forte crescita, ci son cantieri ovunque e nuovi grattacieli in costruzione; del resto Perth, sfruttando la sua posizione, è diventato il principale porto d’accesso delle merci cinesi. Anche il Mall (la zona dei negozi) è abbastanza “senza personalità” e l’unica parte che troviamo interessante è la zona del porto con il Bell Tower e il vicino Kings Park.
Nel pomeriggio passato per il centro, a farla da padrone è il forte vento che costringe Mel a mettere la felpa sopra il maglione (mentre io continuerò a girare in polo e bermuda) e la presenza di una marea di cinesi (alcune niente male…) Proprio una di queste, al bar, viene conquistata dal mio fascino e ci ammicca alla cassa sorridendo e ridendo… ma al posto di darci due birre come ordinato, ci porta due cioccolate bollenti… (ovviamente sempre ridendo). Per fortuna nei due giorni seguenti utilizzeremo l’efficientissimo Metro-treno per andare sulla costa. Infatti il giorno seguente lo passeremo a Rottnest Island, un’isola a mezz’ora dalla costa, famosa per le sue spiagge dove si può girare solo in bici o in bus.
Sfruttando la bella e calda giornata, di prima mattina andiamo a Fremantle, la cittadina da cui partono i traghetti per l’isola.
Qui ci fidiamo di una vecchia migrante italiana di Campobasso, che per colazione ci rifila la Beef Pie… la temuta torta ripiena al ragù, che se la mangi alle 9 di mattina la digerisci alle 5 di pomeriggio.
E’ sempre vero che non bisogna mai fidarsi degli italiani all’estero…. Anche se si tratta di un’arzilla vecchietta.
Dopo mezz’ora di traghetto, prendiamo le bici e ci mettiamo a girare. L’isola regala veramente dei panorami spettacolari, collinette che nascono spiagge selvagge, spiagge lunghissime e deserte, reperti di navi che ammainarono contro le rocce che scorgono dall’oceano, il faro che emerge dal centro dell’isola, alberi piegati dal vento, laghi salati… Poi girando in bici, e allontanandosi dalla “città”, incontri sempre meno gente e I sali-scendi diventano più faticosi anche a causa del vento.
Prima di mangiare un hamburger nel peggiore (e unico) pub dell’isola son riuscito a staccare Mel sulla salita più faticosa, quella per il cannone. Per dargli 1 minuto e mezzo ho usato i trucchi più subdoli del ciclismo mondiale.. facendo finta che mi fosse caduta la catena, l’ho fatto scendere dalla bici e quando si era distratto son ripartito con uno scatto del miglior Virenque. Così abbiamo passato una delle più belle giornate australiane.
L’ultimo giorno finalmente il Rosso finisce i suoi impegni “lavorativi” e ci troviamo con lui di prima mattina a Fremantle.
Questa cittadina è veramente bella, nonostante la sua storia portuale ha mantenuto una vivibilità assoluta ed è un piacere girare per le sue strade con i caffè in stile italiano, i piccoli negozi, il caratteristico mercato coperto e l’ambiente rilassato. Ci colpisce anche la statua in memoria di Bon Scott dei mitici Ac Dc.
Dopo un giro verso le antichi carceri e lo stadio di football australiano (che confrontandolo con quello Melbourne sembra come paragonare San Siro con lo stadio della mia città – Verbania) andiamo nel posto più caratteristico della città… la birreria ( https://www.littlecreatures.com.au/ )
Ci piazziamo in un tavolo fuori, con il sole, ci godiamo il pesce locale (l’ottimo Barramundi) e ce la scialliamo. Per chiudere la bella giornata, andiamo a prendere un po’ di sole sulle spiagge di Cottesloe.. E’ ancora presto per fare il bagno ma sull’oceano vediamo i primi surfisti e le prime manze in costume…
Dei tre giorni passati nel “Western state”, sicuramente ci ha un po’ deluso Perth città, però meritano un salto le spiagge (sicuramente meglio in estate con meno vento) e ci sono piaciute parecchio la cittadina di Fremantle e l’isola di fronte!
Per la sera, a Perth finalmente abbiamo provato un vero weekend australiano! Dopo aver parlato con un amico che aveva fatto 8 mesi in città e con il Rosso che era andato in avanscoperta.. abbiamo preso l’ostello in una delle zone dei locali.. a nord della stazione in Aberdeen St.
Per iniziare, il giovedì sera, ci spariamo il primo canguro (la carne non è male.. sembra un po’ il nostro manzo..). e dopo cena veniamo raggiunti dal Rosso scappato dalla sua comitiva.
Seguendo la soffiata del nostro amico, andiamo decisi al Deen dove il giovedì sera c’è la festa brasiliana… Il Rosso ci inganna con un tiro mancino.. infatti non ci dice che è obbligatorio avere il passaporto per entrare (la fotocopia non va bene).. e siamo costretti a correre in ostello. Fatta di nuovo la coda, entriamo e il locale è già un carnaio. Giriamo per le 4-5 sale e vediamo che il livello alcolico è già altissimo.. ragazze in minigonazze che ballano, che bevono… anzi.. che bevono di brutto.. L’impressione subita a Melbourne sui tipi è altamente confermata.. sono dei gran buzzurri!… diciamo sullo stile inglese. e in più dei martelloni della madonna. Ci provano con tutte… e con modi da lord (in genere approcciano la tipa con una sonora pacca sul culo… cosa che comunque le ragazze non disprezzano) E’ incredibile ma forse siamo i più sobri dentro al locale… e proprio mentre ordiniamo da bere arriva “il personaggio” della serata.. un collega di corso del Rosso.
Il ragazzo (soprannominato “il Banana”) è carico… parla con accento romagnolo e vuole a tutti i costi farsi un’asiatica. Ordina 3 jug di birra e chiama a noi delle tipe e poi andiamo a ballare… Alle 12.30 la festa è già al top… conosciamo un po’ di gente mentre il Banana dispensa consigli a tutti… Al Rosso suggerisce le tipe da cui andare mentre a me di non ballare come Gigi Dag.
Mentre ordiamo un Whisky e Cola, il Banana aggancia la più collassata della serata.. e va a segno.. peccato che la ragazza dopo vada a segno con altri, lasciandolo rosolare nella gelosia. Mentre il cameriere si rifiuta di dare un altro Whisky e Cola a Mel (che sinceramente era ancora tra i più sobri) facciamo un po’ di conoscenze che però non fruttano niente.
Il venerdì sera lo faremo solo io e Mel. Un po’ cotti dalla giornata a Rottnest Island, mangiamo una delle migliori bistecche del viaggio e ci carichiamo a bicchieri di vino. Per le strade intorno ad Aderdeen St. c’è veramente tanta gente, è venerdì sera e sembra che tutti siano in giro.
Seguendo sempre il consigliere-amico andiamo al Mustang, pub in stile americano con live band. E’ stracolmo, ci facciamo un paio di giri di Jeger e la band inizia. Si sente la gente che inizia a cantare e ballare i Jet con “She’s A Genius”.
Anche al bancone si attacca bottone facilmente con le tipe che vengono ad ordinare da bere.. son scatenate!.. e allora ci lanciamo in pista anche noi al ritmo dei pezzi più ballabili.. da Bon Jovi ai The Fratellis, Ac Dc, Green Day..ect.
Poi proviamo a cambiare locale, visto che la zona ne è piena e si ha solo l’imbarazzo della scelta. Proviamo il Library, mezzo vuoto ma con interessanti frequentazioni…, il Paramount, con sala con live music e sala disco.. frequentato però da ragazzini e chiudiamo con un locale pieno di impasticcati..
Con il senno di poi..era sicuramente meglio stare al Mustang o riprovare al Deen.. ma la curiosità di provare posti nuovi era troppa.
Prima di tornare in ostello notiamo che le strade sono piene di polizia e tutti i mezzi hanno la minigabbia dove mettere i ragazzi che girano collassati per strada o che accennano a risse… Roba dell’altro mondo per noi….
L’ultima sera, il sabato, cambiamo zona. Al posto di quella centrale andiamo a Leederville. Ceniamo con ottimo pesce ( http://www.kailisbros.com.au/ ) dove abbiamo di fianco classica tavolata di vecchi italo-australiani e verso le 10 andiamo al famoso Leederville Hotel ( www.leedervillehotel.com/ ).
Bè spettacolo, con tipe che ballano nelle gabbie e gente che si trascina da una sala all’altra. Son tutti fuorissimi e anche stavolta siamo noi i più sobri… un po’ frenati dalla stanchezza cerchiamo di fare il nostro.. Mel tira fuori l’arma segreta che finora non ha mai fallito.. la macchina fotografica.. però per la prima volta, le tipe non vogliono farsi fotografare… e più che una mossa d’approccio è una mossa che le allontana.
Spiazzati, il Rosso cerca di attuare la sua classica marcatura a uomo mentre io mi spengo un attimo.. per poi venire scosso (come una scarica di un fibrillatore) quando la ragazza davanti a me si alza la mini mostrando il suo lato B.
In pista la situazione è migliore, con il Rosso gran mattatore, vediamo anche una tipa che cade dal cubo cercando di limonare il tipo di sotto… ma poco dopo mezzanotte (!!!) il locale chiude.. lasciando almeno metà dei presenti quasi collassati.
Per noi è presto, così in taxi andiamo nella zona di Suriaco dove anche l’età è un po’ più alta…
Entriamo a fatica nel club GOLD, sempre ben frequentato.. ma dopo poco molliamo il colpo.. anche per la stanchezza e per la sveglia alle 9 della mattina seguente L’ultimo sussulto avviene quando, poco dopo essere saliti sul taxi, un tipo rimasto a piedi lancia la sua giacca contro il mio finestrino mezzo aperto…
Dopo questa tre notti, per le serate australiane abbiamo due termini: ubriache e molto hot… però, personalmente, non ho trovato un ambiente così favorevole per un viaggiatore, anche perché il modo di divertimento è abbastanza diverso dal mio (anzi direi dal nostro.. inteso come Italia ed Europa) ma è molto vicino allo standard inglese.
Ma siamo pronti a ripartire e l’aereo di domenica ci porterà ad Alice Springs, la zona che mi ha regalato più emozioni.

Non poteva mancare la visita della parte centrale dell’Australia, il luogo mezzo desertico dove si trovano ancora insediamenti delle popolazioni aborigene ed il loro simbolo di culto più famoso, il monte Uluru. Non avendo affittato l’auto, per questa 3 giorni ci dobbiamo affidare ad un tour che ci porti in giro… spulciando tra le varie offerte optiamo la proposta più “particolare”, quella di www.wayoutback.com.au In pratica questo tour ci propone, come tutti, 3 giorni in giro per Outback australiano, portandoci nei posti più caratteristici e famosi, consentendoci di effettuare visite e camminate nei canyon e nelle vallate. Però, a differenza degli altri, con loro ci muoveremo con un mezzo 4 ruote motrici (che ci consentirà di uscire dalla strada asfalta) e dormiremo in sacco a pelo all’aria aperta in accampamenti isolati da tutto e tutti…. Turistico si..ma almeno un po’ più adventure!
Arriviamo ad Alice Springs domenica a metà pomeriggio, l’aeroporto è piccolino e le temperature tornano finalmente alte.. sopra i 30°. Mentre aspettiamo il bus dell’ostello iniziamo a guardarci intorno. Il paesaggio è completamente diverso da quello della costa; qui il colore rosso la fa da padrone, dipinge sia le grandi distese che le rocce, e la vegetazione è composta da rare piante e piccoli arbusti alti al massimo mezzo metro. Il caldo è tosto, poco ventilato.. per fortuna siamo in primavera, ad estate inoltrata sicuramente non si potrà vivere. Altra cosa che notiamo, man mano che entriamo in città, sono gli aborigeni. Che dire?… Senza alcun tipo di razzismo..son veramente brutti, forse il popolo più brutto incontrato finora!
Poi sembrano che cazzeggino sempre… stanno in giro, ti guardano, passeggiano con calma assurda.. bho.. io ne ho visti ben pochi “presi” con il lavoro. Inoltre sono sempre al telefono; in qualunque area di sosta o cabina telefonica che incontrate… vedrete un aborigeno che telefona.
La domenica, facciamo giusto in tempo a preparare lo zaino con tutto il necessario per il tour e a mollare le valigie al factotum dell’ostello (lo stesso tipo fa da autista, receptionista, custode dei bagagli e venditore dei genere alimentari basilari) che è già buio.
Alice Springs è il classico posto nato per il turismo, non c’è nulla di particolare e così ceniamo veloci con un hamburger nel centro cittadino. A parte i soliti aborigeni che sono in giro a fare nulla (o meglio.. che vanno sotto un ponte a bere birra), non c’è anima viva e quindi optiamo per tornare a dormire visto che la sveglia è per le 5 di mattina. Alle sei di mattina saliamo sul mezzo che ci porterà in giro… carichiamo gli zaini e conosciamo le nostra guida.
Si chiama georgette, è simpatica e giovane..ma, come apprezzeremo nei giorni seguenti, è soprattutto una tipa tosta.
Qui facciamo conoscenza anche degli altri compagni d’avventura.. siamo in totale in 13. Oltre a noi 3, ci sono: – 2 coppie di australiani di mezza età; che si spacceranno come i maestri del campeggio – Due giovani ragazze americane; che diranno si e no 4 frasi durante tutto il tour – Padre e figlia di Los Angeles; Bob (il padre) diventerà il nostro mito mentre la figlia da subito l’impressione di essere la classica cheerleader americana un po’ troia. –
Un olandese poco più che ventenne; che diventerà “Tom Castelliti” perché sembra un misto tra Tom Cruise e il nostro amico Caste. –
Una giovane tedesca; che gira da sola e che ci proverà tutto il tempo con Tom senza ottenere risultati.
Come prima cosa dobbiamo raggiungere Ayers Rock, che dista 450 km da Alice Springs; così mentre la guida ci spiega alcune cose sui luoghi e sul programma giornaliero possiamo guardare dal finestrino le zone che percorriamo. Il tempo è un po’ nuvoloso, però con il passare della mattinata le nuvole scompariranno lasciandoci al caldo del sole. La terra è come vicino all’aeroporto, tutta rossa con pochi arbusti e con qualche roccia che esce dal terreno come se fosse un fungo.. è veramente bello passare su queste strade poco frequentate (se non da qualche bus turistico o da qualche aborigeno con auto che non sai come tirino avanti).
Durante il viaggio facciamo un paio di soste, son tutte stazioni improvvisate, con una pompa di benzina e il negozio che vende generi alimentari e al massimo qualche tavolo dove mangiare. Ognuna ha la sua caratteristica particolare.. c’è quella che ha un recinto con dentro dei cammelli, quella che la sua “galleria” improvvisata d’arte aborigena… ma la migliore è quella che ci accoglie con un cartello con scritto “next beer 100 km”.
Proprio in quest’ultima facciamo il carico di birre e Mel impazzisce quando vede che le due americane prendono da bere per la serata una bottiglia di vino a testa…. e parte con un gesto a noi conosciuto e visto in quel di Rio de Janeiro.
Prima di arrivare al luogo dove dormiremo, sfruttando le 4 ruote motrici, usciamo dalla strada e iniziamo a calarci nell’ambient locale.. dovendo caricare il mezzo con la legna che ci servirà per il fuoco notturno. Verso mezzogiorno arriviamo a destinazione, è il nostro “campeggio”, in pratica una tettoia in legno che copre un tavolone e un lavandino mentre le docce son poco lontano. Noi 3 (anzi noi due.. visto che il Rosso riuscirà sempre a svignarsela..) diventiamo, per i tre giorni, gli uomini di fatica, cioè quelli che dovranno scaricare e caricare il furgone di tutto il necessario.. dal cibo, ai sacchi a pelo fino alle pentole.
Qui mangiamo dei sandwich preparati dagli esperti campeggiatori australiani e facciamo un po’ conoscenza del gruppo. Verso l’una finalmente si parte verso Uluru, che ormai dista pochi km, non c’è più una nuvola e fa un caldo bestiale. Vediamo la roccia avvicinarsi… è veramente bello, sarà per il suo colore rosso fuoco, sarà perché intorno non c’è nulla e sembra quasi uno asteroide caduto dal cielo (questa è la teoria di Mel..) ma è affascinante.
Son quelle cose che non puoi descrivere.. devi vederle e viverle.. come il Gran Canyon o un tramonto in riva all’oceano.
Dopo la sosta per le foto di rito, andiamo a vedere il centro culturale costruito lì vicino (a basso impatto ambientale) che in pratica è solo un negozio di souvenir e gallerie d’arte aborigena. Il caldo è al top.. sudo all’ombra e cosa faremo?… andiamo a percorre il sentiero che gira intorno all’intera roccia.. 7km pianeggianti per vederla da vicino in tutte le sue sfaccettature. Il bello è che siamo liberi, ognuno può farlo al suo passo e fermarsi ad osservare come preferisce… ma il nostro gruppo è tirato dal mitico Bob.
Bob è il classico americano con una pancia che fa provincia e baffoni simpatici, è di compagnia e parla un po’ con tutti; nonostante la mole tira come un dannato e riesce anche a staccarci… tanto che quando arriviamo alla fine del percorso lo vediamo che sta già facendo stretching con la figlia. Radunato il gruppo ci spostiamo poco lontano per goderci dello spettacolo del tramonto… La roccia, cambiando colore più volte, ci lascia senza parole. La lunga giornata si chiude al nostro campeggio, dove la guida prepara la cena… si mangerà pasta cotta sul fuoco appena acceso, una specie di spezzatino di canguro e il Damper (il pane tipico dell’outback all’aglio cotto sulla brace).
Anche se il cibo non era granché è tutto molto emozionante; siamo solo noi e, illuminati solo dal fuoco e dalle stelle in cielo, proviamo un senso di libertà e di connessione con la natura provata solo poche altre volte. Sempre al buio puliamo le pentole (con Mel che tiene la torcia, io che lavo e il Rosso che asciuga) e poi ci addormentiamo nei nostri sacchi a pelo guardati dal cielo.
La mattina ci svegliamo alle 4, vediamo Baffo che fa subito stretching…ma la sua faccia ci dice che oggi per lui sarà una lunga e dura giornata… Smontiamo il campo, carichiamo tutto sul mezzo e andiamo in un punto osservazione a metà tra Uluru e kata tjuta.
Anche l’alba è spettacolare e ci scateniamo nelle foto.. anche se le nostre facce risultano più che assonnate.
Dopo una colazione all’aperto (dove assaggiamo anche il temuto Vegemite!!) di prima mattina andiamo a fare il giro sui monti Olga. Anche questa è una camminata di circa 3 orette.. però non più pianeggiante ma è un sali e scendi continuo nelle “valle dei Venti”. Qui le rocce hanno una forma più rotondeggiante.. quasi dei Muffin messi uno vicino all’altro. Dopo neanche 200 mt Baffo è già scoppiato.. peggio di Cipollini all’inizio del Mortirolo.
Noi ci godiamo il paesaggio, il silenzio che ci circonda. In tarda mattina torniamo al punto di ritrovo e chi troviamo??
Baffo!.. che aveva mollato la spugna e si era ritirato…
Soddisfatti ci avviciniamo verso il Kings Canyon (che faremo il giorno seguente) Percorrere queste strade è sempre bello e a metà strada facciamo una sosta.. chi vuole può fare 1 ora di quod nel deserto Noi non ci tiriamo indietro.. il Rosso scatta subito da pilota provetto, Mel gli mangia la polvere ma non si stacca.. mentre io nel tentativo di raggiungerli sbando e stacco un paletto della recinzione.
Dopo un po’ ci prendi gusto e il bello è curvare o saltare sulle cunette di sabbia!
La giornata la chiudiamo andando nel nostro nuovo campo.. stavolta siamo ancora più isolati.. e per fare la doccia dobbiamo anche accendere un altro fuoco che la scaldi a parte. Ci godiamo il tramonto da una collinetta. Anche da lì in cima non vediamo anima viva. Mangiamo ancora cibo cotto sul fuoco o sulla brace e ci addormentiamo infreddoliti (l’escursione termica è alta), stanchi ma contenti. Anche l’ultima mattina ci svegliamo alle 4, facciamo colazione mentre albeggia e ci riscaldiamo intorno al fuoco appena acceso.
La giornata prevede il giro nel Kings Canyon, stavolta tutti insieme e quindi Baffo non verrà staccato dal gruppo Il Canyon è forse una delle parti più belle viste in questo tour di tre giorni… anche perché puoi fare di tutto… entrare fino alla gola del canyon, sporgerti da strapiombi altissimi, toccare la roccia che una volta ospitava un fiume.. e tante altre cose.
C’è anche una pozza d’acqua e il Rosso (solito protagonista) è l’unico che si butta… Anche qui è difficile raccontare le sensazioni provate e le bellezze visitate. Finito il Kings Can., stanchi e accaldati dal sole cocente, torniamo verso Alice Springs.. non prima di aver fatto l’ultimo barbecue con tutto il gruppo (ovviamente con Bob-Baffo ai fornelli) e bevuto l’ultima birra.
Per strada un po’ dormo, un po’ osservo fuori dal finestrino… e penso a questi tre giorni troppo emozionanti. All’ostello riprendiamo i bagagli e dopo una gran bistecca andiamo nel Saloon Bar (dove il “Banana” collega di ago aveva colpito) Qualche birra ma la serata non decolla e così optiamo per andare a dormire (mentre i soliti aborigeni con una cassa di birra vanno sotto il ponte..)..anche perché il viaggio non si ferma… l’indomani abbiamo l’ultimo volo interno.. che ci porterà a Brisbane .
“Let the party start”

L’ultimo volo interno ci porterà da Alice Springs a Brisbane e visto l’assenza di un collegamento diretto, passeremo l’intera giornata di giovedì per aeroporti.
Così siamo costretti a stare 2 ore a Sydney e arriveremo nella capitale del Queensland solo alle 7 e mezza di sera.
E’ giovedì sera ed è già buio, quindi appena ritirati i bagagli prendiamo un taxi, ci facciamo portare in ostello e non vediamo l’ora di scatenarci. L’ostello era stato scelto per la sua location strategica in mezzo alla zona dei locali notturni; tempo di scendere dal taxi e già in reception è un delirio. Ragazzi e soprattutto ragazze poco vestite che si fanno mettere il timbro per il bar/disco pub collegato (il Birdee), gente che sta già sbiascicando qualche parola incomprensibile, una ragazza con un vestitino azzurro molto corto che ci chiede da dove veniamo… insomma l’ambiente sembra più che hot!
Rapidi come Ben Johnson ci docciamo e scendiamo anche noi in perlustrazione al Birdee. L’età media è abbastanza bassina però il livello medio non è male. Seguendo il nostro guru (l’ormai famoso “Banana”) prendiamo 3 jug ed iniziamo a tastare il terreno.
Cazzeggiamo per mezz’oretta fino a quando decidiamo di cambiare location non prima di: – essere stati rimbalzati all’ingresso del presunto privè – aver provato l’emozione di ballare in pista con ragazze nate durante le “notti magiche” (Italia 90) – essere stati anticipati nell’abbordo della biondina più fuori del locale che è stata portata in camera a riposare (!?) non prima di aver mostrato a tutto il locale il tangazzo sotto la gonna.
Rimpiangendo di aver ormai quasi 30anni, usciti in strada veniamo sorpresi dalla Tempesta Perfetta; che non è il temporale con urgano che c’era nel film di George Clooney ma la fiumana di gente e di ragazze che sono riversate per strada!!
C’è l’imbarazzo della scelta, così ci lasciamo trascinare dall’istinto e proviamo un locale dove entrava un bel po’ di gente. all’ingresso però subiamo il secondo rimbalzo della serata, questa volta perché non avevamo la camicia. Iniziamo male e penso “finora ci hanno tirato più rifiuti all’ingresso dei locali che le tipe!”
Non ci scoraggiamo ed entriamo nel club di fianco, che è un po’ particolare tanto da sembrare quasi l’interno di una casa; qui c’è live music e una band propone un rock/elettronico niente male. L’ambiente è frequentato da tante tipe, tutte vestite con quello stile molto “Mtv Brand New” quindi sull’alternativo.
Ci facciamo un giro a testa di jagermeister (di cui uno bevuto con la cannuccia) e incominciamo a conoscere un po’ di ragazze. Le prime sono un trio danese, ci cazzeggiamo un po’ ma hanno il fare di quelle che pensano ”mica mi sono fatta 16.000 km per stare con un italiano… per tanto così andavo a Rimini”
Nel frattempo un tipo fuorissimo rovescia lo Jeger al Rosso che per tutta risposta va al tavolino e gli prende la birra… lasciandolo basito.
Dopo ciò, ancora il Rosso viene preso dalle allucinazioni, SOLO lui vede le tipe di fianco a noi che prendono una siringa da un tipo che gira con la borsetta a tracolla. Le studiamo per un po’ ma niente siringhe o giri strani in bagno…. ma tanto lo sappiamo che lui quando vede un po’ di belle ragazze non capisce più nulla.
Passata un’oretta, la band finisce e proviamo a cambiare posto; ormai tutta la gente è dentro ai locali. Noi cerchiamo la discoteca Family (considerata la migliore di Brisbane) ma scopriamo che questo giovedì è chiusa.. così tentiamo al “the Bank”.
Qui riceviamo il terzo rimbalzo della serata….
Proviamo anche ad aggirare il buttafuori entrando dalla porta secondaria e ad entrare con un gruppo di tipe conosciute all’esterno.. ma niente.. è una banca blindata, non si entra!
Rassegnati, andiamo al Monastery, dove entriamo senza problema. All’interno capiamo il motivo, mi sembra di essere finito nella serata Priscilla del Maneggio, tutti flesciati con musica house-techno che spacca i timpani. Il Rosso inizia con quello che diventerà il tormentone di Brisbane.. chiedendo a tutte le tipe in italiano: “hai già racimolato stasera?” imitando Gip delle Iene.
Beviamo una birra e il gong di fine serata suona, mentre io e Mel prendiamo un panino da Mc Donald e il Rosso un’ottima torta con il ragù, finiamo a mangiare insieme a un gruppo di ragazze più interessate ai loro BigMac che a noi.
Siamo a Brisbane da 6 ore e già mi sembra un’eternità….
La mattina veniamo svegliati dal caldo assurdo che c’era in camera. La notte precedente quando siamo tornati dalla serata, a causa dell’adattatore di Mel, l’impianto elettrico è partito… togliendoci la luce ma soprattutto l’aria condizionata. Alle 8 di mattina mi sembrava di essere ai tropici!
Così non ci resta che alzarci e, mentre sistemano l’elettricità, fare un giro.
Brisbbane, come tutte le città australiane, è molto moderna però è piacevole camminare per il suo centro cittadino. La giornata è a dir poco torrida, alle 10 di mattina i gradi sono già più di 30. Dal nostro ostello proseguiamo verso il centro, passiamo tra i palazzi economici e per le vie dello struscio dei negozi (il solito Mall). Anche qui natale incombe e oltre ai soliti alberi c’è anche un coro di bambini che canta canzoni natalizie. A differenza di Perth, qui è molto armonioso passeggiare guardando un po’ di vetrine, qualche chiesa e i simboli della loro breve storia (come la statua del primo capitano che ha raggiunto il nord dell’isola). Dopo aver deviato per vedere il “mulino” più antico, proseguiamo facendo la via dei palazzi “storici” (George st) tra cui il vecchio palazzo del Tesoro, ora diventato casinò. Attraversato il ponte sul fiume ci dedichiamo all’attrazione cittadina il South Bank Park, che è un insieme di parchi dove si può passeggiare all’ombra di alcune piante, sostare sui prati, fare picnic, barbecue e, come richiamo principale, c’è una spiaggia artificiale con delle piscine fatte simil mare. Dopo una serata come quella del giorno precedente l’ideale è passare il pomeriggio in queste spiagge (tra l’altro tutto gratis, docce e spogliatoio compreso). Qui ci sono tante famiglie con i loro piccoli, studenti che dopo le lezioni vengono a svagarsi, qualche bella raga e anche degli impiegati che si riposano dopo essere usciti dal loro ufficio. Rilassati e rinfrescati, a fine pomeriggio, torniamo verso l’ostello, non prima di aver bevuto una birra al bar “Milano” in pieno Mall.
L’opinione su Brisbane è univoca, sembra la città ideale per viverci… c’è il sole gran parte dell’anno, ha l’oceano a due passi, in città si vive rilassati e comunque serviti di tutto (dai mezzi alle attività ricreative) e soprattutto è piena.. anzi stra-piena di gente giovane.. Very Cool!
In ostello ci prepariamo veloci per il friday night; a cena convinciamo Mel a provare il cinese dove ci sbizzarriamo ordinando un po’ a caso.
Ci arriverà il solito involtino primavera, una foglia di lattuga con sù qualcosa, un pesce molto buono e anche un piccione.
Usciti dal ristorante rimaniamo a bocca aperta, non pensavamo fosse possibile vedere più gente della sera precedente… bhè… ce ne sarà il doppio.
Per le strade si fa fatica a muoversi e, memori del rimbalzo della sera predente, entriamo al Bank. E’ piccolino ma ben frequentato e poi siamo nella serata Playboy con le conigliette che ballano e un tipo vestito da Hugh Hefner. Beviamo i soliti Jeger e iniziamo a muoverci per la pista…
Il Rosso inizia di nuovo con il solito tormentone del “hai già racimolato stasera?” e poi passa più di mezz’ora cercando di abbordare una coreana vestita come in un fumetto manga. Io inizio a ballare e a parlare con la più fuori del locale… che però viene portata via dall’amica, stavolta Mel non si è sacrificato per me (ma non posso dargli torto vedendo com’è la tipa). Conosciute tutte le tipe libere del locale, cambiamo location con l’idea di tornarci a fine serata..
ora proviamo la disco più famosa il “Family”. Entriamo e mi sembra di sentire ancora la vocina nella mia testa; sembra quella di Mike Bongiorno che mi dice “Ahi Ahi Ahi… la risposta è sbagliata”
A parte la palata di soldi spesi per entrare, il locale è mezzo vuoto e ci sono solo dei fattoni che ballano in pista. Trovare delle tipe abbordabili è come trovare l’acqua nel deserto, però almeno la location del locale è veramente bella. Facciamo la nostra consumazione con whiskey e cola e ce ne scappiamo a gambe levate.
Appena usciti mi sembra di cambiare canale, da Telemike entriamo in una scena di Cops (la serie sui poliziotti americani).
Camminando, il Rosso sbatte (non si sa quanto involontariamente) contro una ragazza molto ubriaca… nel frattempo una pattuglia accosta e al volo due agenti scendono e lo bloccano manco fosse un terrorista. Cerco di intervenire spiegando che è con noi ma vengo allontanato a forza da un agente che mi dice che la cosa riguardava solo lui. Alla fine gli agenti fanno il terzo grado al Rosso che viene rilasciato solo quando gli conferma che tra una settimana ha già il volo che lo riporterà in l’Italia.
Effettivamente il centro è pieno sia di medici con ambulanza al seguito che di polizia, qui se uno sgarra ci mette un secondo a finire in galera per una notte (tra l’altro tutte le auto hanno con la gabbia per rinchiudere il malcapitato).
Torniamo così al Bank, ma ormai lì dentro il gioco delle coppie è già finito, tanto che rimangono solo poche e inguardabili tipe. Attraversiamo la strada ed andiamo all’Empire hotel, il locale alternativo della sera precedente, qui i flesciati alternativi si sprecano e quando proviamo a parlare con qualche tipa è difficile seguire i loro discorsi. Ma ormai siamo a fine serata, delle consumazioni fatte ho perso il numero, e dopo le 3 non si può rientrare nei locale che lentamente si svuotano.
Dopo aver mangiato qualcosa tornando all’ostello spiego con sobrietà agli altri due che a me piace “Ballare nel senso di ballare…”. E’ un segno chiaro… è il Game Over.
Siamo al 28 novembre, il giorno del mio compleanno, ma nonostante questo i programmi di viaggio non vengono rallentati. Lasciamo l’ostello alle 10 e ritiriamo l’auto che ci porterà a Sydney. A parte l’attesa per il cambio auto (ci avevano assegnato una Gets per tre persone più bagagli) è l’umidità a colpirci, la giornata è nuvolosa ma il caldo mi fa bere 1 litro d’acqua in mezz’ora. Presa la nuova Hunday ci mettiamo un po’ per uscire dalla città e nonostante la guida a destra arriviamo a Lone Pine.
A Lone Pine c’è un centro dove possiamo finalmente vedere i tipici animali australiani. Arriviamo verso mezzogiorno e ci passeremo almeno due ore.
E’ forte vedere i Koala che dormono sulle piante e che sembrano che debbano cadere da un momento all’altro, i Wombat che dormono a pancia in sù e si svegliano solo per mangiare (bella la vita….), coccodrilli, emu e il famoso diavolo della Tasmania. Poi ci sono i canguri che sono liberi in uno spazio grande come due campi da calcio e dove puoi entrare liberamente e guardarli mangiare, saltellare e fare foto con loro. Non poteva mancare alla fine la foto con un koala mezzo addormentato in braccio sembrava quasi di avere in braccio un peluche morbidoso.
Dopo questa emozionante visita, andiamo di corsa verso Surfers Paradise. Arriviamo verso le 4 di pomeriggio ma ci rendiamo conto di come questo posto sia stato rovinato con grattacieli, hotel giganti e cemento praticamente ovunque. Se non fosse per la famosa scritta che capeggia alla fine di Cavill Ave sembrerebbe di essere a Rimini. Nonostante l’ora, molliamo i bagagli in hotel (dove con noi è arrivato un addio al celibato con una ventina di energumeni già ubriachi…. Ps per noi mai un addio al nubilato) e andiamo in spiaggia e a fare un giro dei negozi di surf presenti in città.
E’ sabato sera, è il mio compleanno, sono a Surfers Paradise… dovrei essere carichissimo ma invece inizia a salire la stanchezza delle due settimane di viaggio fatte e poi c’è anche lo School parties che ci gioca contro. Come lo Spring break americano anche in Australia gli studenti delle scuole, quando finiscono l’anno scolastico, fanno una settimana di pure delirio fatto di feste, alcool, party e pazzia allo stato puro. E Surfers Paradise è l’epicentro di questa festa, un po’ come Cancun per gli americani.
Avendo fatto lo Spring Break so di cosa si tratta però questi son tutti pischelli e io ormai ho quasi trent’anni.. quindi son fuori età!
Alla sera vediamo, oltre al solito schieramento di polizia, una marea di diciottenni che entrano ed escono dai locali. Ceniamo all’hard rock Cafè e il cameriere fuorissimo ci consiglia l’unico pub non assaltato dai minorenni. All’Irish pub c’è live music, tipo come al Mustang a Perth, l’ambiente è carico e qualche gruppo di tipe balla in pista. Ordiniamo qualche birra e con il passare del tempo la situazione intorno a noi diventa molto ubriaca. C’è un gruppo di tipi che si sfida a braccio di ferro esultando come Tardelli ai mondiali e rovesciando bicchieri di birra per terra…
Mentre la band lancia pezzi alla Bon Jovi, rock classico e altri ottimi pezzi, ci spostiamo in pista. Qui avviene il meglio, c’è un tipo (che ci fa pisciare dal ridere) con il cappello bianco che balla da solo barcollando e simulando di suonare. Poi arriva la strafiga di turno cagata zero dai due tipi che sono con le sue amiche; intanto un altro ubriachissimo prende uno sgabello ed inizia a scoparselo davanti a tutti simulando colpi di bacino e poi inserendo le dita dentro le fessure. Anche stavolta siamo i più sobri e torniamo al bancone dove il Rosso aggancia una canadese senza ottenere granché e intanto il tipo di fianco a me vince la palma del “personaggio della serata”. Si alza la maglietta e fa vedere agli amici che si è rasato il petto disegnando una faccia che sorride… numero uno!
Chiudiamo la serata abbastanza presto, verso le 3 e mezza siamo in hotel pronti a ripartire. Il giorno successivo ci svegliamo con il sole, finalmente siamo totalmente liberi e abbiamo 3 giorni per fare 700 Km ed arrivare a Sydney.
Come prima cosa entriamo nell’outlet della città. è come Serravalle, una cittadella fatta di soli negozi. Trascinati dal nostro lato consumistico (e dal Rosso maniaco delle marche da surf) cerchiamo di abbattere il guinness dei primati in fatto di negozi visitati. Rip curl, Billabong, Hurley, Quicksilver, Oakley…negozi misti… non ne manchiamo uno.
Poi, siamo nella terra del surf e i prezzi sono molto competitivi. Verso mezzogiorno lasciamo la “Rimini” australiana e, in pieno stile australiano, utilizziamo le strade che costeggiano la costa per goderci del panorama. Anche nelle cittadine poco distanti da Surfers le costruzioni e il cemento non manca, non ci sono i grandi grattacieli/hotel ma manca il lato selvaggio e naturale che ci saremmo aspettati. Nonostante questo le spiagge non demeritano e sono piene di surfisti che provano a cavalcare le onde e di ragazze intente a prendere il sole. Le strade sono diverse da quello che ci aspettavano, non sempre sono sulla costa, anzi la maggior parte dei km li facciamo in aperta campagna attraversando campi coltivati, vacche al pascolo e attraversando fiumi che a poca distanza si riverseranno nell’oceano. Da questa strada (che non è un’autostrada ma più una tangenziale a una corsia) ogni tanto ci sono deviazioni su strade di campagna, a volte neanche asfaltate, che si aprono a spiagge e panorami fantastici e totalmente deserti. Cambiando Stato, abbiamo perso un’ora di fuso e quindi siamo già in ritardo, purtroppo possiamo dedicare poco tempo alla nostra seconda sosta.. Byron Bay.
Questa località, famosa per essere il luogo dove gli Hippy amavano sostare, è veramente carina finalmente siamo in una spiaggia realmente Australiana. Anche qui, però, il consumismo sta arrivando e i negozi delle principali marche sono presenti ovunque. Pranziamo mangiando ottimo pesce e appena finito inizia un temporale (che durerà mezz’ora). Per ripararci non possiamo che incrementare il numero di negozi di surf visitati nella giornata. Riprendiamo il nostro viaggio sulle strade di campagna dove ci tengono compagnia le solite vacche alternate ai campi di mais. E’ bello passare per paesini rurali, dove al di fuori della maggior parte delle case al posto che le Mercedes di turno c’è un trattore. Ovviamente le strade sono piene dei famosi cartelli gialli che avvisano la presenza di koala o canguri o altri animali… ci sono anche delle corde che tagliano la strada all’altezza dei pali della luce; leggendo sulla guida scopriamo che vengono utilizzate dagli animali per passare da una parte all’altra. Mi sarebbe piaciuto vedere un koala mentre attraversa la strada 20 mt sopra di noi!
Al buio della notte ci accodiamo a uno dei tanti tir trasporta merci (con il loro caratteristico paraurti gigante per salvaguardarsi dai possibili scontri con i canguri) e arriviamo alla destinazione prevista (Port Macquarie) verso le dieci di sera. E’ domenica sera e in giro non c’è veramente nessuno, anche i vari fast food come Mc Donalds stanno chiudendo. Cerchiamo un motel aperto ma tutto sembra chiuso, ormai siamo quasi rassegnati a dormire in auto fino a quando ne vediamo uno con la scritta Vacancy. Anche se la reception è chiusa e buia suoniamo e ci viene ad aprire una signora già in pigiama e cuffia per i capelli. Prendiamo la camera e non ci resta che cenare con una PIZZA DOMINO sui tavoloni in legno nel parco cittadino. Pizza molto apprezzata da Mel!
Al risveglio ci godiamo questa bella cittadina di mare, è il classico posto di villeggiatura e dopo aver fatto colazione da un toscano andiamo a vedere la spiaggia cittadina. Purtroppo non possiamo sostare e dobbiamo già ripartire in direzione di Newcastle, altra città famosa per le sue spiagge da surf e il suo passato industriale. Anche in questa giornata i km non sono pochi e i panorami intorno a noi non cambiano, con l’aperta campagna che domina.
A metà strada decidiamo di andare a vedere le Seal Rocks, usciamo dalla “tangenziale” ed entriamo nelle piccole stradine secondarie che sono un po’ asfaltate un po’ sterrate; avvicinandoci alla costa rivediamo l’oceano che inizia a sbattere le sue onde contro rocce regalandoci panorami veramente spettacolari. Parcheggiano e decidiamo di andare anche al faro, da qui si apre una stradina per la spiaggia più bella vista in Australia.
E’ grandissima, circondata dal verde delle piante e dalle rocce su cui emerge il faro.. ci siamo solo noi e un gruppo di quattro surfisti. Senza parole! Ritorniamo sulla strada ed inizia piovere, tempo che ci accompagnerà anche a Newcastle. La vecchia cittadina industriale capitale del carbone australiano mantiene i segni del suo passato, infatti tutti gli edifici sono in mattoni rossi e per il centro c’è una grande stazione (immagino una volta utilizzata per i trasporto di merci) Però si vede che ha dato una svolta, lasciano il suo passato alle spalle e diventando uno dei nuovi punti di riferimento per i surfisti locali. Facciamo una fatica bestia a trovare un posto dove dormire visto che tutti gli ostelli sono pieni. La pioggia non smetterà neanche di sera, è lunedì e in giro c’è veramente poca gente.. finiamo a cenare in un ristorante greco, dove i proprietari si affezionano a noi e praticamente passiamo tutta la serata a parlare con loro dell’Italia, della Grecia e della loro vita lì.
Il martedì ci svegliamo con la speranza che ci sia il sole.. speranza rimasta vana, così niente surf e niente spiagge (che comunque andiamo a vedere.. lasciandoci quella malinconia che il mare d’inverno). Dopo un giro per il centro cittadino non ci resta che andare a Sydney (ultima tappa del nostro giro) dove arriveremo nel primo pomeriggio, accolti da un pallido sole.

Come ultima tappa del nostro giro australiano non potevamo non fare la sua città più significativa e conosciuta: Sydney!
Gli amici che c’erano stati qualche anno fa ci avevano raccontato di come sia in assoluto la più bella città dell’isola ma non ci avevano avvertito di quanto fantastico sia viverci, anche se solo per qualche giorno. Arriviamo nel primo pomeriggio, lasciando la pioggia di Newcastle, e veniamo accolti da un pallido sole che si fa largo tra le nuvole; l’ingresso in città avviene sulla nostra Hyunday nera passando sopra il mitico Harbour Bridge diretti verso il nostro ostello, il Wake Up.
Ci mettiamo un po’ per sistemarci, tra check-in e riconsegna auto iniziamo a girare solamente verso le 4.
Dopo un giro al vicino vecchio mercato (il City market) ci buttiamo subito nelle vie più trafficate della città, la George St e la Pitt st.
Ormai, abituati alla calma dei paesini sulla costa, entrare in queste strade è un po’ come uno schiaffo inaspettato.. ma piacevole.
Le strade brulicano di gente che cammina velocemente e che si ferma solo per entrare in qualche negozio e, essendo vicini a Chinatown, anche qui la presenza di orientali è altissima.
Grazie a queste ore d’ambientamento i giorni successivi riusciamo ad immergerci facilmente nella città e iniziare nella visita dei posti principali.
La mattina seguente, il mercoledì, iniziamo con un giro sulla Monorail. una specie di tram rialzato che attraversa la città e mostra i quartieri e i luoghi del centro cittadino. E’ ottima per farsi una rapida idea della struttura cittadina, e proprio per questo è principalmente usata dai turisti (tanto che gli abitanti la chiamano “mostrorail”).
Scendiamo a metà George St e andando verso il porto attraversiamo la zona “economica” dove sono presenti gli uffici e le sedi delle grandi banche.
Così a metà mattina arriviamo finalmente a Circular Quay (il porto).
Qui troviamo finalmente i simboli più conosciuti.
La moderna Opera House e l’Harbour Bridge. Facendo concorrenza ai peggiori giapponesi ci scateniamo in foto, cercando di beccare l’inquadratura migliore. La zona, anche se abbastanza turistica, è veramente bella e forse per la prima volta nel viaggio realizzo che sono in Australia a migliaia di km da casa!
Passiamo un bel po’ di tempo qui, in relax , osservando e godendoci il panorama, “disturbati” solo da qualche ragazza che ci chiede se possiamo farle una foto. A piedi proseguiamo andando sotto il ponte per poi salire nel vecchio quartiere “The Rocks”. Questa è la zona antica di Sydney, una volta zona malfamata ora è diventata zona residenziale.. però ha mantenuto gli edifici con i mattoni rossi e le verande come ingresso (era da Melbourne che non le vedevamo!).
Verso l’una il Circular Quay è pieno di gente, oltre ai turisti e a chi deve prendere il traghetto per le zone poco distanti, c’è tanta gente locale che si piazza rilassata sulle panchine vicino all’Opera House.. magari a prendere un po’ di sole o a leggere un libro in attesa di tornare al lavoro.
Effettivamente il sole è caldo, è la giornata ideale. Finalmente ci avviciniamo alla Opera House, dal vivo rende sicuramente di più che in foto, è moderna e le sue forme sono affascinanti (non quanto quelle di una bella raga però!). Faccio la sua scalinata alla Rocky ma poi mi rendo conto di non essere a Philadelpia, è uno dei simboli del nostro secolo e sono veramente contento di averlo visto e toccato di persona.
A piedi poi passeggiamo per i giardini botanici (dove vediamo anche i pipistrelli diurni) fino ad arrivare al punto panoramico meno frequentato ma più bello, alla fine della Mrs Macquaries Rd, dove si ha una vista spettacolare sulla baia e contemporaneamente dell’Opera House e l’Harbour Bridge.
I km diventano veramente tanti quando torniamo verso l’ostello attraversando Hyde Park con al suo interno la bellissima cattedrale.
Dopo una giornata intensa è necessaria una birra fresca al sole prima di buttarci nelle vie dello Shopping. Il Rosso tenta di battere il record di negozi di surf visitati e non ci riesce solo per l’orario di chiusura (le 18.00)..
E’ talmente preso che nell’ultimo negozio ci avevano perfino chiuso dentro e tutti aspettavano che finisse di provare un costume!
Il giorno dopo, vedendo che non c’è neanche una nuvola, decidiamo che è il momento di andare a Bondi Beach!
Prendiamo treno e bus ed insieme ad un gruppo che unisce turisti o giovani locali con tavola da surf in mano arriviamo finalmente in spiaggia.
La location è proprio quella della trasmissione “Baywatch in Australia”.
Passeggiamo per il lungomare guardandoci attorno.. ci sono piste per gli skate, negozi di surf, ristoranti di ogni tipo e gli immancabili guardaspiaggia.
A differenza dei famosi Baywatch americani che vestono di rosso questi hanno la muta blu e girano con il mini-jeep con megafono per richiamare chi non rispetta le regole. Le onde sono veramente invitanti ed infatti il Rosso e Mel decidono di affittarsi la tavolo e provare a sfidarle. Mentre loro cercano di cavalcare (o almeno tentare di seguire) un’onda, io mi rilasso sulla spiaggia guardando quelli che in acqua veramente surfano alla grande. Dopo un paio d’ora i due “Italian Surfers” tornano senza danni passiamo la giornata a goderci la vita come fa la gente del posto. Una birra (non in spiaggia dove è vietato), guardando un po’ di ragazze e commentando le evoluzioni surfistiche dei vicini. Prima di lasciare Bondi, ci affidiamo a un cameriere veneziano per una pizza appena decente (“Fidatevi, è come quelle che mangiamo in Italia”) e facciamo una passeggiate verso le altre due spiagge famose, quelle di Tamarama e Bronte.
La camminata è veramente piacevole, effettivamente gli scorci visti meritano veramente. A fine pomeriggio torniamo in centro.. il Rosso riprende a trascinarci per negozi di surf, abbattendo il record del giorno precedente, fino a quando non chiudono.
Anche il venerdì viene dedicato alla spiaggia, questa volta quella di Manly. Il traghetto da Circular Quay, ci fa godere della fantastica vista dell’Opera House e del ponte dalla baia. Attraccati ci buttiamo in via “the Corso”, di chiara impronta italiana, e al rosso gli si illuminano gli occhi vedendo la quantità di negozi di surf; io e Mel capiamo che anche per oggi non ci sarà storia.. un altro record verrà abbattuto. Dopo una decina di dentro/fuori lo trasciniamo in spiaggia che, anche se meno famosa e bella di Bondi, ha il suo fascino. I due compari si buttano subito nel surf e allora ho tutto il tempo per sciallarmi un po’ al sole. Visto che non son tipo da spiaggia faccio una camminata nei dintorni, guardo in acqua e vedo solo gente che con il surf ci sa fare.. di conseguenza non vedo né Mel né il rosso. Vado fino alla vicina spiaggia dove faccio un tutto per poi ritornare indietro. Facendo la stradina che congiunge i due punti balneari, vedo i famosi pini che stanno dietro alla spiaggia di Manly e vengo preso come fotografo ufficiale dalla gente che mi incontra… tanto che ben 4 persone diverse mi chiederanno di fargli una foto (non poteva mancare il gruppo di giapponesi.. uno con su la maglia di Totti). Ritornando dagli altri trovo Mel esaltatissimo perché l’istruttore lo ha eletto come il suo “preferito” ed allora il Rosso ripiega rituffandosi nei negozi…
La penultima giornata inizia tardi a causa della lunga nottata di venerdì; il risveglio faticoso ci porterà a muoverci solo dopo mezzogiorno. Prima tappa è il Fish Market, dove i nomi italiani imperversano. Tra granchi, pesci piccoli, aragoste e pesci grossi vediamo come i tempi siano cambiati.. ormai ci sono gli italiani che comandano e gestiscono tutto mentre i lavoratori/venditori sono tutti orientali. All’esterno c’è anche una targa in onore dei fondatori del mercato del pesce di Sydney. i nomi vanno da Ciuccariello ad altri cognomi “nostrani”; proprio mentre passiamo noi.. due turisti commentano il cartellone con un “mafiosi”; ci mancava la pizza e il mandolino ed eravamo al completo!
Dopo il Fish market non potevamo non andare nell’acquario di Sydney, per raggiungerlo camminiamo sopra il ponte a Darling Harbour… è sabato e la zona è piena di gente. L’acquario è studiato bene ed il pezzo forte è quando si entra in alcuni tubi in mezzo alle vasche dove sono presenti il dugongo (troppo simpatico), il Platypus, i pesci piatti di cui non mi ricordo mai il nome ma soprattutto una serie di squali (da vicino mi impressiona la loro doppia dentatura).
Finito con l’acquario nelle nostre ultime ore a Sydney, ci buttiamo nello shopping cittadino, che il sabato è veramente impressionante per la marea di gente in giro. Per le serate, in genere devo dire che Sydney regala molte possibilità di svago, ovviamente essendo una città molto grande non sempre è facile trovare il posto “migliore” e si rischia di girare a vuoto quasi tutta la sera oppure non trovare la zona o il club più vicino alle proprie esigenze.
Dalla prima serata, essendo martedì, non ci aspettiamo granchè.. così ci muoviamo nella zona centrale, vicino al nostro ostello nella zona tra George St, Pitt st e Liverpool ST. Cena a base di canguro (sempre ottimo) in un risto-pub, poi quasi per caso entriamo in uno dei tanti hotel (così son chiamati i pub) che propone una band dal vivo. La band spinge con i soliti brani rock, e la pista è piena di gente che canta, balla e beve. E’ strapieno… così non ci facciamo desiderare ed ordiniamo da bere. Al bancone incrociamo il “rompiballe” numero uno.. è l’addetto della pulizia del pavimento che gira con secchio e straccio e pur di pulire anche l’angolo più nascosto vicino al bancone ti spinge via energicamente. E’ incredibile, ovunque giri nel pub dopo 5 minuti ti viene a rompere… anche in pista! Capirò poi il motivo, il pub è aperto 24 ore su 24 e questo è il metodo per pulirlo in tempo reale.
L’atmosfera è bella e c’è gente di qualunque tipo… in pista si segnalano due “callarone” in caccia (per poco entriamo anche noi nel mirino.. ma riusciamo a scampare il pericolo) Poi c’è una biondina martellata da un tipo con la maglia di Diego Maradona, ovviamente il Rosso non perde occasione per rompergli le uova nel paniere andandogli a cantare la canzone “Ho visto Maradona.. ho visto Maradona.. o mammà mi sono innamorà”.
A metà serata Mel viene quasi preso di forza da una francesina… mentre una Rossa (non il rosso) balla scatenata facendosi i tipi che gli passano di fianco; quando la band finisce tutta la gente scende in una saletta al piano inferiore.. dove si chiude la serata bevendo e ballando. Niente da dire, per essere martedì… gran serata e torniamo a casa un po’ barcollanti. E’ sempre il Rosso l’ultimo a mollare quando in ostello aggancia una svizzera e va con lei a fare colazione… senza però riuscire a piazzare il famoso “colpo di coda”.
Da mercoledì sera il gong di inizio serata è scandito dall’autoparlante presente in camera, ogni giorno verso le 6 / 6 e mezza in tutte le camere dell’ostello parte la voce “Wake Up.. Wake Up”… e via con le varie offerte e notizie sulla serata del suo discopub (il Side Bar). Immancabile monito per dire che è arrivato il momento di muoversi e scaternasi!
Seguendo i consigli della Lonely (che sto iniziando ad odiare) andiamo nella zona “viva” di Sydney: Oxford St.
Mangiamo al ristorante balcanico, dove l’attempata cameriera/proprietaria, visto che siamo italiani, si siede al nostro tavolo e si mette a raccontare un po’ della sua storia ed usciamo alla ricerca delle movida!
Non so se la pensate come me, ma la cucina balcanica a me piace sempre.. anche se un po’ pesant.
La Lonely mi tira il secondo pacco sui divertimenti.. dopo che in America aveva spacciato Buffalo come la “Miami del nord” ora ci segnala Oxford St a Sydney come una delle più vive e piene di locali. Il panorama usciti dal ristorante è desertico… qualche pub aperto, dei bar che stanno chiudendo, mancava solo la palla di fieno che rotola. Dopo avermi preso i giusti insulti dai due compari notiamo del movimento ed entriamo in un club in uno scantinato. Il locale ha una bella location con due sale arredate in modo strano.. tra divani, candelabri, ambiente un po’ ricercato-chic-trasandato. Dopo poco le sale si riempono di gente abbastanza strana.. C’è quello con il cappello da cowboy, quello con la barba alla Bin Laden, tutti vestiti molto ricercato.. con il proprio stile. E proprio mentre ci muoviamo verso un gruppetto di ragazze niente male ci taglia la strada un albero di natale…. Si.. un tipo vestito con le decorazioni per l’albero, dalle palline ai festoni ed altre decorazioni.. gli mancavano solo le luci che si accendono e si spengono.
Visto l’ambiente “gayio” cambiamo location e finiamo a Kings Cross dove la situazione cambia.
Questa zona è famosa per essere il quartiere a “luci rosse” della città ma ormai è stato ripulito e a parte qualche locale “particolare” ci sono principalmente discoteche e discopub. Appena scesi dal taxi incrociamo 3 tipe fuorissime ed attacchiamo bottone con una che ha il padre italiano. Le tre son proprio bone, e il Rosso prova l’attacco alla più fatta del gruppo.. ma niente. E’ un bordello assurdo, mi fanno parlare al telefono con un’amica che ci invita in qualche altro posto…. Ma non si capisce bene dove. Così, dopo questo delirio, lasciamo le ragazze al primo taxi e facciamo un giro per il quartiere. Allontaniamo le richieste delle ragazze seminude che vogliono portarci in qualche strip-club e andiamo in una discoteca frequentata da giovani backpackers. E’ strapieno ed è sempre il Rosso che inizia a fare qualche conoscenza.. ma ormai è tardi (son quasi le 2) e il meglio è già piazzato. Proviamo un altro posto ma poi ripieghiamo sul pub della sera precedente.. dove beviamo l’ultima birra e torniamo in ostello, non prima di venire richiesti da alcune ragazze per una foto in quanto italiani.
Il giovedì sera patiamo la stanchezza del lungo viaggio e della giornata a Bondi, quindi ce la prendiamo con calma e finiamo con uscire tardissimo, alle 11 di sera. Ceniamo al Thailandese (dove capiamo che Mel proprio non apprezza la cucina orientale) e poi giriamo i pub vicini all’ostello. prima di tornare a dormire abbastanza presto passiamo dal solito posto, che è semi vuoto, e dal “three monkeys” il posto che sembra giusto per noi… le 3 scimmie (alcoliche)..
Venerdì sarà la migliore serata a Sydney Iniziamo forte cenando al bar sotto l’ostello.. bistecca, patatine e birre a quasi 8 euro Alle 10 l’ambiente è già caldo, trascinati dal mitico Dj Josh.. prima di scatenarci gli chiediamo di mettere su il nostro inno nazionale “L’italiano” del mitico Toto Cutugno,ma incredibilmente non l’ha!… fossimo stati in un paesino della Russia l’avrebbero sicuramente messa.
Qualche giro di vodka e poi torniamo a Kings Cross… il delirio è qui, giovani e meno giovani invadono i locali e le strade.
Un gay ci rimbalza all’ingresso del locale più cool (il World Bar) e ripieghiamo sul vicino “Candys”. In coda conosciamo delle austriache e ci imbattiamo nella solita procedura di face control. A parte controllare l’abbigliamento, controllano i riflessi della persona.. iniziamo con chiederti quanti cocktail hai bevuto.. dopo la tua risposta ti chiedono quanto hai bevuto a cena… ed iniziano a contestare la tua risposta. Se si è abbastanza lucidi si entra, sennò si rimane fuori.
Noi entriamo al Candys tranquillamente… un paio di vodke e poi in pista.. dove becchiamo l’ennesima figlia di italiani.. ma quante sono!?!
Balliamo un po’ e facciamo la foto anche con il Dj. Dopo aver conosciuto tutte le ragazze del locale.. usciamo e proviamo al “The World”.. stavolta il gay non c’è più ed entriamo. Il locale è pienissimo… della gente che piace a noi, cioè di bonazze! Proviamo quello che bevono tutti.. il thè alcolico, praticamente ti compri una teiera con dentro liquore da shots. Il locale è veramente bello e a metà serata finiamo sul divanetti invitati da un gruppo di ragazze…. A fine serata lasciamo le ragazze e, visto che avevamo il timbro, rientriamo al Candys.. ma capita la cosa più assurda… Guardo una tipa, la saluto da lontano.. dopo poco arriva il suo ragazzo che aveva visto la scena ma non viene da me… va dal buttafuori che mi prende e fa uscire dal locale. Così verso le 4 giriamo per le strade di Kings Cross dove conosciamo Loris e fidanzata, giovane toscano con tipa fottutissima, dove ci parla della sua Australia lavorativa.. e spara a zero sull’Italia.
Qui mi accorgo di una differenza… una volta chi lasciava il nostro paese per lavoro non vedeva l’ora di tornare e comunque decantava le bellezze che aveva lasciato… ora invece chi va via, parla male dell’Italia. Su suo suggerimento chiudiamo la nottata al “Trademark Hotel”, locale abbastanza ben frequentato (anzi .. direi il meglio frequentato).
L’ultima sera proviamo a cambiare zona, a cena andiamo nella mondana darling Harbour, cena a base di pesce e poi giriamo nei bar sul lungo baia. Il movimento è interessante, tante gente in giro.. un po’ di tutte l’età, ma soprattutto tanti gruppi di ragazze vestite “da sera” Iniziamo da un baretto, dove al bancone c’è uno dei tanti giovani italiani che hanno scelto di fare il “Working holidays” in terra australe. Seguendo la gente finiamo alla discoteca “Home”, l’età è un po’ bassina e anche la musica è da maranza… peccato, perché c’erano parecchio belle tipe. Allora seguiamo il consiglio del barista italiano e andiamo verso il centro commerciale della città, nella zona alta verso Circular Quay. Andando in là conosciamo l’ennesima giovane australiana figlia di un italiano (di Ischia per l’esattezza) che era tanto bona quanto ubriaca e aimè tanto giovane. Camminando per le strade gremite di George St arrivamo all’Ivy club. All’esterno ci son auto della madonna, tipo Ferrari e Lamborghini, ma nonostante questo superiamo il face control (con il buttafuori che tempesta di domande il Rosso) e ci fiondiamo dentro Il club è bello e la gente va dai 25 ai 35 anni. Chiudiamo la serata in questo bel club, tra docce d’acqua in mezzo alla pista che partono all’improvviso e poliziotti che, sfruttando il fascino della divisa, martellano le tipe di brutto.
Il nostro volo è previsto per la sera.. così lasciata la stanza, di domenica mattina, facciamo un ultimo giro. Prima andiamo nella zona oltre Oxford st., ora un po’ in decadenza visto che tutti i posti alla moda si sono trasferiti verso Darling Harbour, e poi ci perdiamo nell’enorme rete di negozi sottoterra (sono incredibili, sembra di essere in una città a parte) Un po’ di nostalgia è già presente nei nostri visi. E per le ultime ore, visto la giornata di sole, ci sdraiamo in mezzo al parco.
Ormai son passati tre mesi dal mio rientro dall’Australia e posso dire che le emozioni che mi hanno dato quei posti, solo in pochi altri luoghi le ho avute. Alcune delusioni ci sono state (es. Surfers Paradise) ma in generale..mi viene da dire solo “ragazzi.. che posti”…
Cool!

CLAUDIO OBERTI

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